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Roma, Scarpellini: “Prestai soldi a Marra perché contava”. L’ex capo del Personale al gip: “Resto in carcere fino a chiarimento”

Mar 9, 2017

Marra, Scarpellini e le motivazioni di quel “prestito” che li ha portati entrambi in carcere per corruzione. C’è tutta la storia di quel “regalo” da 367mila euro nella carte depositate dai pubblici ministeri insieme alla richiesta di giudizio immediato. Una ricostruzione che lascia ben pochi dubbi. “Marra aveva conosciuto mio figlio e quando gli ho venduto l’appartamento in via Vigolo gli ho fatto uno sconto. Qualche anno dopo ci sentivamo una volta ogni tanto, lui si è nuovamente fatto sotto e mi ha chiesto un prestito. Se avessi potuto evitare di dare i miei beni a questi soggetti (uomini politici e funzionari pubblici, aveva detto qualche minuto prima l’imprenditore ai magistrati) avrei evitato. Ritenevo di non poter evitare perché queste persone venivano da me chiedendo di essere favoriti anche quando non mi offrivano niente in cambio. Era evidente che sapevano che io avrei acconsentito solo perché rivestivano ruoli per me importanti. Io sono un imprenditore e ritengo sia meglio avere amici che nemici”. La trascrizione del verbale, quello del 22 dicembre, a questo punto si interrompe per un omissis. Poi, però, il costruttore riprende: “Marra è venuto a chiedermi in prestito e non mi ha restituito niente di quanto gli ho dato”.

Ma non è tutto perché dalle carte emerge chiaramente il peso di Marra all’interno della giunta Raggi. Lo stesso ex braccio destro della sindaca suggeriva via sms incarichi e le retribuzioni disegnando le basi della macrostruttura del Campidoglio. Il dettaglio, era già emerso nel corso delle indagini, ora è più chiaro con il deposito degli atti del processo, inizierà il 25 maggio.

“Domani ti mando un foglio Excel con i provvedimenti da adottare subito, e un foglio Word in cui ci sono i possibili incarichi e le possibili retribuzioni. Ma come ti dicevo prima te li devo spiegare”, scrive Marra a Salvatore Romeo, ex capo della segreteria di Virginia Raggi via Whatsapp dieci giorni prima dell’insediamento della Raggi.

Perciò Marra, ex capo del Personale, da quanto emerge da chat e mail stava ponendo le basi della macrostruttura dirigenziale del Campidoglio attuata attraverso l’istituto dell’interpello. Con questa procedura fu poi promosso il fratello Renato a capo del dipartimento turismo, promozione per cui Marra è indagato assieme alla sindaca Raggi.

“Io ho più volte manifestato al sindaco Raggi che volevo andare via. Ero in aspettativa per un dottorato di ricerca e sono rientrato al Comune di Roma su forte impulso del sindaco. Negli ultimi mesi della campagna elettorale, siccome io conoscevo il funzionario Salvatore Romeo, mi avevano chiesto di dargli un supporto relativamente alle attività che avrebbero dovuto svolgere e mi chiesero la disponibilità a rientrare dall’aspettativa per dargli un mano”.

Così raccontava Raffaele Marra al gip Maria Paola Tomaselli nell’interrogatorio di garanzia reso in carcere il 20 dicembre scorso dopo il suo arresto per corruzione. “E io pur avendo in qualche modo dato una mano in quei giorni – è il ricordo di Marra – avevo più volte manifestato la mia indisponibilità a rientrare proprio perché avevo anticipato che ci sarebbero stato

degli attacchi strumentali nei miei confronti. La stessa cosa era successa inizialmente nel 2010 (sotto la giunta Alemanno, ndr) e poi nel 2013 con il sindaco, quando c’era Ignazio Marino”.

“Ho dato disposizioni – prosegue Marra – ai miei avvocati di non presentare alcuna istanza di scarcerazione , io voglio rimanere in galera. Io devo rimanere qua fino a quando non sarò sufficientemente in grado di dimostrare la mia estraneità”.

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