ROMA. I suoi uomini dicono di lui: “E’ ben voluto da tutti, e chi non lo vuole bene gli porta rispetto”. E se ne danno una ragione: “Un conto è la mafia cattiva, la mafia infame, e un conto è la mafia buona”. Il boss di Gela Salvatore Rinzivillo era così “buono” che uno stimato avvocato romano gli baciò la mano non appena lo vide entrare al ristorante “Da Brando”, sulla Flaminia vecchia.
L’altro avvocato al tavolo fu più discreto, lui era già a libro paga del padrino siciliano, per suo conto si occupava di “sistemare” processi in Cassazione. La “mafia buona” della Capitale, che piace ai colletti bianchi della Capitale. Sono tanti i saluti affettuosi ripresi dai finanzieri del Gico di Roma e dalla squadra mobile di Caltanissetta, che hanno condotto questa indagine.
Un emissario di Rinzivillo, addetto agli affari immobiliari, arrivò a Roma per parlare con un misterioso interlocutore. Spiegava al padrino che quell’uomo “è nella combriccola che ha fatto eleggere il sindaco nuovo”. I misteri dell’ultimo signore di Roma, Salvatore Rinzivillo, nell’inchiesta su Repubblica in edicola e su Repubblica +.