Si è concluso con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” il processo d’Appello ter per il crollo del palazzo di via di Vigna Jacobini avvenuto a Roma il 16 dicembre 1998 dove morirono 27 persone, di cui sei bambini. Una sentenza che arriva a 21 anni di distanza dal cedimento dello stabile di 5 piani del quartiere Portuense.
Mario Capobianchi, l’unico imputato, all’epoca amministratore della tipografia che si trovava al piano terra del palazzo è stato assolto dai giudici di secondo grado dalle accuse di disastro colposo e omicidio colposo plurimo.
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La Cassazione per due volte aveva disposto un annullamento con rinvio dopo che nel 2002 il tribunale aveva condannato a due anni e otto mesi sia Capobianchi che Vincenzo Modanò l’altro amministratore della tipografia nel frattempo deceduto, poi la pena venne ridotta a due anni in appello. Nel 2012 il nuovo giudizio di secondo grado con l’assoluzione di Capobianchi perché il fatto non costituiva reato, di nuovo annullata con rinvio dalla Cassazione.
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“Dopo venti anni, due annullamenti dalla Cassazione, due perizie e un processo lungo e faticoso, finalmente è stato riconosciuto che la tipografia non ha in alcun modo accelerato un disastro che si sarebbe comunque verificato per i difetti strutturali del palazzo”. Così l’avvocato Alberto Misiani, difensore di Mario Capobianchi. “Siamo soddisfatti – ha aggiunto il penalista – anche se resta l’amarezza per Capobianchi per aver vissuto venti anni portando sulle spalle il peso di un’accusa ingiusta e infondata”.