• 13 Dicembre 2025 9:13

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Rischio stangata, previsto aumento delle assicurazioni auto nel 2026

Dic 13, 2025

C’è un vento di tempesta che torna a soffiare sul già fragile equilibrio economico degli automobilisti italiani. Un vento che arriva da Roma, dai corridoi spesso insondabili della politica fiscale, dove un emendamento spuntato quasi in sordina dentro la Legge di Bilancio 2026 rischia di trasformarsi in una vera stangata. Non una di quelle annunciate con fanfare e dichiarazioni roboanti, ma un colpo inferto con la precisione del bisturi.

Il fulcro della questione è una manciata di righe, un aggiustamento tecnico solo in apparenza. Un dettaglio che, come spesso accade, è tutto fuorché marginale. L’obiettivo dichiarato è chiaro: generare un gettito aggiuntivo da cento milioni di euro l’anno. Il metodo, però, rischia di innescare un terremoto nel portafoglio di milioni di italiani.

Nel mirino più coperture assicurative

La misura colpisce una delle coperture assicurative più diffuse e, paradossalmente, più utili: la garanzia infortuni conducente. Una polizza che molti sottoscrivono senza nemmeno pensarci troppo, nel pacchetto standard offerto insieme alla RC Auto obbligatoria. Finora godeva di una tassazione “di favore”, un’aliquota del 2,5% catalogata come le polizze infortuni generiche. Un modo per renderla accessibile, quasi un invito alla prudenza.

Da gennaio 2026, però, tutto cambia. Le polizze accessorie non saranno più accessorie: verranno trascinate nella stessa categoria fiscale della RC Auto base. Tradotto in numeri: tassazione al 12,5%. Un salto secco di dieci punti percentuali. L’ennesimo scivolo verso l’alto in un Paese dove possedere un’auto è già un esercizio di resistenza economica, oltre che psicologica.

Imposte più salate

A livello pratico, il risultato è semplice e crudele. Chi rinnoverà la propria polizza l’anno prossimo troverà una voce “imposte” più salata. E non parliamo di cifre simboliche: milioni di contratti includono quella garanzia, il che significa che l’impatto sarà trasversale, democratico nel senso più feroce del termine. A peggiorare il quadro, il prevedibile riflesso delle compagnie, che — strette tra incertezza normativa e possibili sanzioni future — potrebbero alzare i listini base per difendersi.

Ma non è tutto. Anzi, il vero colpo di scena arriva dopo. Perché l’emendamento non si limita a guardare al futuro: punta anche al passato. Si fonda infatti su una reinterpretazione dell’Agenzia delle Entrate secondo cui l’aliquota del 2,5% sarebbe stata applicata “in modo non corretto” per anni. Dieci anni, per la precisione. Un decennio di polizze su cui lo Stato potrebbe ora reclamare la differenza d’imposta.

E a quel punto si entra nel territorio dell’assurdo: un miliardo di euro da recuperare. Un miliardo che le compagnie dovrebbero versare, e che inevitabilmente — perché il mercato funziona così, perché la matematica non è un’opinione — verrebbe ribaltato sugli assicurati. Gli stessi assicurati che già oggi pagano più della media europea, e che nel 2025 hanno visto crescere i premi del 6%.

Non mancano le reazioni forti

Prevedibile, dunque, la reazione delle parti in causa. L’ANIA parla di misura ingiusta, tecnicamente sbagliata, quasi punitiva. Una bomba a orologeria finanziaria costruita ai danni di chi guida e di chi assicura. Le associazioni dei consumatori insorgono: “rincari occulti”, “colpo alle famiglie”, “mossa incomprensibile in un momento di fragilità economica generale”.

E così, mentre in Italia si discute di mobilità elettrica, sicurezza stradale, incentivi e transizioni, l’ennesima variabile impazzita si inserisce nel puzzle. Una variabile che pesa, che costa, che rischia di diventare l’ennesimo ostacolo sul cammino già accidentato dell’automobilista italiano. Un cammino su cui, ancora una volta, arriva un’altra tassa travestita da tecnicismo. Un obolo che sembra ricordarci una sola cosa: quando c’è da fare cassa, il volante torna sempre a girare dalla stessa parte.

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