LA MATTINA del 18 gennaio, con tre quarti del territorio pescarese paralizzato dalla neve e gli ospiti dell’Hotel Rigopiano bloccati lassù a Farindola dalla strada impraticabile, il problema della Provincia era salvare la faccia. Perché chiedere aiuto all’Anas per avere turbine spazzaneve aggiuntive, in quel momento, pareva inopportuno. Una soluzione da “ultima spiaggia”.
Agli atti dell’inchiesta sulla tragedia dell’albergo, spazzato via dalla valanga che ha ucciso 29 persone, sono finite anche le conversazioni di due dirigenti della Provincia. Il telefono di Paolo D’Incecco, direttore del settore Viabilità e responsabile della Protezione Civile, era da tempo intercettato dalla Procura dell’Aquila che stava indagando su presunte irregolarità in alcuni appalti regionali.
- “SE CHIAMIAMO L’ANAS, PERDIAMO LE STRADE”
Tra le 8 e le 10 del giorno della strage, D’Incecco si sente più volte con Mauro Di Blasio. E c’è qualcosa che non torna. Sono infatti convinti che l’emergenza più grave non sia a Farindola, dove quaranta tra ospiti e personale sono chiusi nell’hotel, ma a Roccacaramanico, sulla Maiella. Hanno solo due turbine a disposizione, perché una si è rotta e un’altra, piccola, serve esclusivamente per il piazzale di Passolanciano. Di Blasio quindi propone di chiamare l’Anas, per farsene mandare un’altra in tempi rapidi. Ma D’Incecco non è d’accordo, perché “così ci facciamo fare l’esproprio in casa”.
Il senso della sua frase, intercettata dalla Squadra Mobile e inserita nel fascicolo dei pm pescaresi Massimiliano Serpi e Andrea Papalia, lo chiarisce lui stesso nel prosieguo della telefonata. “Se l’Anas va lassù e riapre, diranno: visto che bisogna passare all’Anas le strade?”. Lavorano entrambi per la Provincia di Pescara, sanno che al loro ente, dopo la riforma, sono rimaste solo due competenze: le scuole e la viabilità. Se si fanno aiutare, temono di perdere anche questa. Chiamare l’Anas “potrebbe essere l’ultima spiaggia”. E Di Blasio non chiama. D’Incecco in seguito prova a rivolgersi a un dirigente di Autostrade dei Parchi, il quale però gli risponde di non avere disponibilità di turbine.
Sono le 8 di quel 18 gennaio, non c’è stato ancora il terremoto (la prima scossa è alle 10.30) né la valanga (alle 16.45). E però è un fatto che per tutta la giornata in Provincia e in Prefettura si sbattono in ogni modo per trovare mezzi frangineve da mandare nelle zone isolate. A sera, quando con due ore di ritardo partono i soccorsi, è proprio dell’Anas la turbina che da Penne (non lontano da Rigopiano) va ad aprire la strada. Non chiederla già dalla mattina, stando alle intercettazioni, fu una scelta.
- “PER RIGOPIANO NON DEVONO ROMPERE LE SCATOLE”
Non solo. Dalle parole di D’Incecco e Di Blasio, in parte anticipate dal Messaggero, emerge pure un certo fastidio per l’insistenza del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, che quella mattina aveva postato nella chat comune una richiesta di sollecito per un intervento nel suo Comune.
“Hai capito cosa ha fatto?”, si lamenta D’Incecco, ricordando gli interventi del giorno prima che avevano liberato la via per Rigopiano. Di Blasio concorda, “non è vero ciò che dice il sindaco”. E aggiunge che “non dovrebbe rompere le scatole più di tanto”, e che più tardi andranno all’albergo, il cui proprietario Roberto Del Rosso è già stato avvertito. Ma D’Incecco taglia corto: “Lascia perdere l’albergo, ha rotto il c…. con l’albergo”.
- LE PRESSIONI DEI POLITICI
Dalle intercettazioni, inoltre, si capisce anche che durante l’emergenza neve la scansione delle priorità degli interventi era assai caotica, nonostante la Provincia avesse approvato nel 2016 un piano neve in teoria da rispettare. Il presidente Di Marco, ad esempio, si adopera per far liberare le strade di Abbateggio, il comune in cui è sindaco. E dove, oggettivamente, la neve c’era e aveva isolato il paese. Lo stesso Di Marco, il 17 gennaio, telefona alla Polizia Provinciale per far chiedere alla ditta fornitrice di mezzi spalatori una turbina per sgomberare la provinciale fino a Rigopiano (ma la strada era stata già liberata da tre mezzi a spinta). E in una conversazione sembra emergere anche la pressione del presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfondo, a favore della riapertura di Passo Lanciano.