Nel giorno del vertice tra le autorit giudiziarie italiane ed egiziane nuovi particolari emergono dall’autopsia sul corpo del giovane ricercatore italiano, Giulio Regeni, scomparso al Cairo il 25 gennaio e trovato morto il 3 febbraio sull’autostrada che posta ad Alessandria. Sul corpo di Giulio sono state trovati gravi segni di sevizie, perpetrate da una mano “esperta di torture”. Un particolare che gi era emerso nei mesi scorsi e che aveva sollevato ipotesi su un coinvolgimento di apparati di sicurezza dell’Egitto.
Il vertice a Roma
Oggi comincia a Roma la due giorni che porr intorno allo stesso tavolo magistrati italiani ed egiziani che da otto mesi cercano la verit sulla morte del giovane friulano rinvenuto ucciso sulla strada tra la capitale egiziana ed Alessandria e sul corpo evidenti segni di violenza.
Al vertice parteciperanno, per l’Italia, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e il sostituto Sergio Colaiocco. Per gli egiziani saranno presenti il procuratore generale, Nabil Ahmed Sadek, e il team di quattro magistrati che si occupano del caso.
I magistrati italiani attendo risposte dai collegi del Cairo e fondamentale sar lo scambio di atti legato alle richieste arrivate tramite rogatoria a cominciare dai dati sulle celle telefoniche. Il tema era stato motivo di rottura nel precedente incontro, e anche nelle settimane successive alla riunione, dal Cairo si era sottolineata l’impossibilit, per motivi di sicurezza, di fornire i dati chiesti da Roma e ritenuti indispensabili alle indagini.
Dal canto loro, i magistrati italiani consegneranno ai loro omologhi egiziani le ultime verifiche tecniche effettuate sul contenuto del pc di Giulio Regeni e alcune informazioni relative alle sue frequentazioni e ad aspetti della sua vita privata nel periodo compreso tra la fine del dicembre 2015 e il 4 gennaio 2016, quando il ragazzo fece rientro in Italia per le festivit natalizie.
Le carte da Cambridge
Intanto l’Universit di Cambridge invia alla Procura di Roma i documenti su Giulio Regeni. Materiale che, tuttavia, risulta inutile ai fini dell’inchiesta sull’omicidio del ricercatore. Si tratta esclusivamente degli atti che provano che Giulio svolgeva un lavoro per l’Ateneo, senza per entrare nel dettaglio del tipo di studio. La richiesta di documenti era stata fatta a giugno scorso dalla Procura di Roma. Tuttavia l’Ateneo aveva risposto che lo “studio di Regeni confidenziale”.
Resta, dunque, l’interrogativo sui motivi del rifiuto di Cambridge di fornire informazioni sullo studio di Giulio.
Una ricerca scomoda, hanno testimoniato alcuni compagni inglesi agli inquirenti italiani, attorno alla quale – l’ipotesi investigativa – sarebbero sorti i malumori di apparati di sicurezza egiziani. Per questo le informazioni su quel lavoro potrebbero aiutare gli inquirenti a chiarire il movente del sequestro e dell’omicidio.
Il ruolo degli apparati di sicurezza
Il filo che lega l’intelligence egiziana con il caso Regeni il capo del sindacato indipendente cairota, Muhammad Abdallah. Una figura chiave nell’inchiesta sul sequestro e omicidio del giovane ricercatore, che per l’universt di Cambridge stava studiando questi organismi, in apparenza contrastati dal governo di Al Sisi. Stando ai riscontri, Abdallah sarebbe legato ai servizi di sicurezza dell’Egitto, ai quali – l’ipotesi – avrebbe passato informazioni su Giulio e sulla ricerca scomoda che stava svolgendo.
Gli inquirenti hanno individuato frenetiche telefonate tra Abdallah e Regeni, nonch altre con utenze dubbie sulle quali si stanno concentrando gli accertamenti. La pista della Procura di Roma, dunque, punta agli apparati di sicurezza egiziani. Una ipotesi che troverebbe conferma anche nelle torture inflitte sul corpo del 28enne: segni indicibili commessi da un professionista della tortura ha detto l’autopsia. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco seguono una traccia contenuta in alcune email inviate da Giulio a Hoda Kamel, del centro egiziano per i diritti economici. Lettere in cui illustra il progetto di studio sui sindacati e il finanziamento da oltre 10mila sterline che attendeva dalla fondazione britannica Antipode. Denaro che Giulio voleva devolvere al sindacato, d’accordo proprio con Abdallah. Ma l’operazione salta. Per legge il sindacato non pu avere finanziamenti stranieri. Nella email alla Kamel racconta di uno scontro avuto con Abdallah. Pochi giorni dopo la morte di Giulio il sindacalista in un’intervista afferma che Regeni voleva informazioni e che aveva tentato di comprarle con i soldi della fondazione Antipode. Partendo da questo scambio di email, gli inquirenti presumono ci sia stato un tradimento dall’interno dei sindacati. L’ipotesi che Abdallah abbia passato informazioni a terzi sugli studi scomodi del ricercatore, facendolo passare per ci che non era: una spia con l’obiettivo di finanziare i sindacati indipendenti per fomentarne lo scontro con Al Sisi. Stando a informazioni raccolte, lo stesso Abdallah avrebbe rapporti stretti con gli apparati di sicurezza egiziani che, tra l’altro, avrebbero assoldato numerosi venditori ambulanti (del sindacato indipendente) in qualit di informatori.
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