L’Italia recuperi l’ICI non pagata dalla Chiesa: questa la pronuncia perentoria della Corte di Giustizia UE – secondo alcune stime dal valore di almeno 4 miliardi di Euro – con cui stato accolto il ricorso della scuola Montessori di Roma, sul principio secondo cui, in caso di aiuti illegittimi, la Corte tenuta ad ordinarne il recupero. La sentenza va ad annullare quanto deciso nel 2012 dalla Commissione europea e nel 2016 dal Tribunale UE con cui si sanciva l’impossibilit di recupero dell’aiuto a causa di difficolt organizzative.
In sostanza, al tempo si ravvisava un’impossibilit di quantificare retroattivamente le attivit svolte negli immobili di propriet di enti beneficiari dell’esenzione, impossibilit che viene oggi attribuita invece a mere difficolt interne all’Italia ed esclusivamente ad essa imputabili, dato che nessun aiuto illegale di stato, cosi come viene definita la “passata” esenzione ICI, pu secondo la Corte essere giustificato dalla mancanza di adeguati database di recupero; pena l’attivazione d’urgenza, in mancanza di immediati riscontri, della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
La notizia subito rimbalzata sui media come “sentenza storica”, “lotta alla concorrenza sleale”. Certo che in questa materia sarebbe opportuno come non mai avere chiarezza di idee e riuscire ad acquisire un rigoroso quadro giuridico e normativo, nonch una chiarezza di prospettiva in grado di attutire onde emotive, facili giustizialismi e strumentalizzazioni. opportuno ricordare che i ricorsi inoltrati alla Corte erano due: uno riguardante l’ICI (in vigore fino al 2012), l’altro riguardante l’IMU (in vigore dal 2012 in poi), come noto entrambe imposte dovute ai Comuni dai proprietari di immobili.
La prima domanda che tutti dovremmo porci perch il nostro paese debba recuperare gli importi relativi alla vecchia l’ICI (imposta comunale sugli immobili) non pagata e non l’IMU (imposta municipale unica). La risposta che si tratta di imposte regolate diversamente. Prima del 2012 l’esenzione era totale, mentre dopo il 2012, in seguito all’entrata in vigore dell’IMU varata dal Governo Monti, l’esenzione ha riguardato esclusivamente i locali destinati al culto, criterio peraltro ritenuto condivisibilissimo anche in sede comunitaria.
Tornando al recupero dei rimborsi 2006-2011, un primo ordine di difficolt non pu che derivare dall’applicabilit del provvedimento europeo, in assenza di norme di legge in base alle quali valutare modalit e tempi di recupero.
Ci vorr del tempo, dunque, e ci vorranno delle leggi, ma nel frattempo fuori dubbio che la Chiesa Cattolica stia pagando quanto dovuto e che, con l’IMU in vigore, stia osservando una legge dello Stato.
Del resto, lo stesso Vaticano si sempre dichiarato favorevole al pagamento delle tasse da parte della Chiesa per attivit commerciali, e la posizione stata ribadita anche da Mons. Stefano Russo, Segretario Generale della CEI, il quale ha giustamente ravvisato nella pronuncia pericoli di compromissione di servizi assistenziali, sanitari, culturali e formativi che non riguardano solo ed esclusivamente la Chiesa Cattolica.
La questione, infatti, coinvolge una platea di soggetti pi ampia, ossia anche tutte le altre attivit laiche aderenti al modello di “Big Society”, il welfare che parte dal basso e che contribuisce al bene collettivo insieme al welfare proveniente dallo Stato. Anche se asserire che la Chiesa non abbia versato l’ICI apparso a molti riduttivo di una realt pi complessa ed una sintesi piuttosto approssimativa, il Governo italiano ha comunque dovuto esprimere l’intento di dare seguito all’ingiunzione della Corte lussemburghese.
In pratica, secondo alcune notizie trapelate dal Tesoro, sembrerebbe che vista l’effettiva impossibilit di accertamenti attendibili, anche a causa della mancanza di documenti fiscali che la Chiesa non era tenuta a conservare durante il periodo interessato dal provvedimento, si tratterebbe di attuare un soluzione di sanatoria, di pace fiscale, mirante al recupero parziale delle somme. In tal modo si richiederebbe al Vaticano, che sulla materia apparso sempre aperto al confronto, la somma derivante dall’applicazione di un’aliquota forfettaria del 20% rispetto al totale calcolato.
Palazzo Chigi considera tutto come un atto dovuto, utile inoltre a non inasprire i gi tesi rapporti con Bruxelles, ma a questo punto sorge legittimo un dubbio: si tratta davvero di un atto di clemenza magari dettato anche dal buon senso, oppure, cinicamente, di mera “ragion di stato” volta ad ovviare ad alcune pregresse lacune normative? A tal proposito risultano quanto mai appropriate le parole sulla “verit” pronunciate da Papa Francesco mercoled 14 novembre in Piazza San Pietro: come una persona, un Paese parla con tutto quel che e che fa.
*Avvocato, Professore Straordinario di Diritto Commerciale
Universit LUM Jean Monnet
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