ROMA – Impoveriti dalla crisi, privati dell’ascensore sociale che per decenni aveva garantito un futuro migliore a si dimostrava in grado di conquistarlo, le ultime sicurezze portate via da un welfare sempre più traballante, ora gli italiani si ritrovano anche con il rischio di perdere quegli ultimi “stratagemmi individuali” che assicurano la sopravvivenza, dalla casa ai Bot a quello che il Censis definisce con convinzione, da sempre, il “nero” di sopravvivenza. Eppure non è il declino del Paese che questo 53esimo Rapporto, “La società italiana al 2019”, vuole raccontare. Piuttosto emerge la faticosa ricerca di soluzioni individuali e collettive, in attesa che ci siano nuove élite in grado di conquistare la fiducia degli italiani, guidandoli fuori dalla trappola della non crescita, del ridimensionamento demografico e della finta crescita dei posti di lavoro.
Gli italiani, assicura il Censis, non hanno ancora perso “il furore di vivere”. E lo esprimono attraverso l’edificazione di “muretti a secco”, proprio così, perché sono barriere modeste ma solide di contenimento della caduta del Paese. Alcuni sono muretti di vecchia data, che da sempre proteggono e fanno crescere il Paese: in testa la dimensione manifatturiera, industriale, che vanta ancora per ampie fasce la capacità di innovare. Ma poi c’è anche la maggiore resilienza di alcune aree del Paese, che non condividono i numeri del declino, e anzi vantano “un tasso di crescita del prodotto interno lordo e dei consumi paragonabili alle migliori Regioni europee”: in particolare il nuovo triangolo industriale tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, la fascia dorsale lungo l’Adriatico.
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Dal 2011 la ricchezza immobiliare delle famiglie ha subito una decurtazione del 12,6% in termini reali. E il 61% degli italiani non comprerebbe più i Bot, visti i rendimenti microscopici. Inoltre il lavoro da tempo non è più una certezza, e l’aumento dei posti di lavoro registrato negli ultimi anni si è ampiamente rivelato un bluff: rispetto al 2007, nel 2018 si contano 321.000 occupati in più, in realtà c’è stata una riduzione di 867.000 occupati a tempo pieno e un aumento di 1,2 milioni di occupati a tempo parziale. Nel periodo 2007-2018 il part time è aumentato del 38% e anche nella dinamica tendenziale (primo semestre 2018-2019) è cresciuto di 2 punti. Oggi un lavoratore ogni cinque ha un impiego a metà tempo, e spessissimo si tratta di part-time involontario.
E gli italiani, pur cercando strategie di sopravvivenza, da un lato non hanno più fiducia in nulla, non nella Pubblica Amministrazione, non nella politica, dall’altro precipitano nell’ansia. Il 74% degli italiani si è sentito molto stressato per questioni familiari, per il lavoro o senza un motivo preciso e addirittura, rileva il Censis, il 55% dichiara che talvolta “parla da solo” (in auto, in casa). Del resto, nel giro di tre anni (2015-2018) il consumo di ansiolitici e sedativi (misurato in dosi giornaliere per 1.000 abitanti) è aumentato del 23% e gli utilizzatori sono ormai 4,4 milioni (800.000 di più di tre anni fa). Il 75% degli italiani non si fida più degli altri, il 49% ha subito nel corso dell’anno una prepotenza in un luogo pubblico (insulti, spintoni), il 44% si sente insicuro nelle vie che frequenta abitualmente, il 26% ha litigato con qualcuno per strada.
Eppure, gli italiani sperano nel meglio. E continuano ad avere una vita decente sotto profili diversi da quelli strettamente economici e lavorativi: nel 2018 la spesa delle famiglie per attività ricreative e culturali è stata pari a 71,5 miliardi di euro. Mentre gli italiani che prestano attività gratuite in associazioni di volontariato sono aumentati del 19,7% negli ultimi dieci anni, del 31,1% quelli che hanno visitato monumenti o siti archeologici, del 14% quelli che hanno visitato un museo. E sono 20,7 milioni le persone che praticano attività sportive.
Si cercano politici integri, che guardino al futuro. Secondo il 47% degli italiani “ha ancora chance di raccogliere il giusto consenso il politico che pensa al futuro e alle giovani generazioni, piuttosto che esclusivamente al consenso elettorale (3%)”.