MILANO – Il destino della misura principe (di stampo leghista) del primo governo Conte, quota 100, è in bilico. Ma l’equilibrio tra le posizioni al riguardo, tra i nuovi azionisti di maggioranza dell’esecutivo, sembra precario.
Come emerso nelle ultime ore, il compromesso tra Pd e M5s sarebbe per uno spegnimento ‘naturale’ della regola previdenziale inserita nella Manovra dell’anno scorso. Questa, infatti, è stata concepita solo come sperimentale e pertanto finanziata per un triennio: dal 2022, salvo diversi interventi legislativi, non ci sarà più.
Già con la correzione dei conti di luglio si sono cristallizzati i risparmi dovuti al fatto che la misura sta attirando meno richieste del previsto: secondo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, il risparmio potrebbe aggirarsi sui 4 miliardi l’anno prossimo, con domande dimezzate rispetto alle stime.Rep
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La fine fisiologica del pensionamento a 62 anni e 38 di contributi è prevista per la fine del 2021 e il Pd non è intenzionato certo a rinnovarla, quanto piuttosto a dirottare le risorse su altri strumenti come l’Ape sociale e l’opzione donna. Anzi, secondo alcune ricostruzioni già dall’anno prossimo potrebbero scattare dei ritocchi a Quota 100, come l’innalzamento di uno dei due requisiti di accesso per restringere in qualche modo la platea. Sul tavolo ci potrebbe anche esser la chiusura con un anno di anticipo della finestra per accedere, lasciando cioè il solo 2020 come ultimo anno per maturare i requisiti e far domanda.
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L’eventualità di metter mano a Quota 100, però, trova – almeno a parole e in questa fase iniziale – ferma risposta nel M5s. “Quota 100 rimane. Poi se ci saranno dei miglioramenti da fare, per quota 100 o per il reddito di cittadinanza, li faremo. Ma le due misure restano”, ha detto oggi il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, a margine dei lavori del Senato interpellata sulle ipotesi di revisione o chiusura anticipata della misura introdotta con la scorsa Manovra. A breve, con il test della legge di Bilancio, il nodo andrà sciolto.