AGI – Crolla di oltre il 30% la produzione del riso in Italia colpita dagli effetti del meteo pazzo, tra siccità e nubifragi, in un momento in cui l’aumento record dei costi per energia e gasolio provocato dalla guerra in Ucraina sta devastando i bilanci delle aziende agricole.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in occasione dell’inizio della raccolta sui 217mila ettari coltivati in Italia con 9 risaie su 10 concentrate al nord fra la Lombardia e il Piemonte. Di fronte al clima anomalo che ha devastato le produzioni gli agricoltori si sono trovati nella drammatica situazione di dover scegliere chi far sopravvivere: una risaia piuttosto che un’altra, un campo di mais o uno di Carnaroli o Arborio.
In alcune zone fra Lombardia e Piemonte si prevedono fino al 40% di perdite, una vera e propria strage con danni per milioni di euro. In Lombardia, dove si coltiva circa la metà del riso nazionale e dove si concentrano i chicchi da risotto, si stimano 23.000 ettari di risaie dove la produzione potrebbe essere totalmente azzerata a cui si dovranno aggiungere danni parziali a coltivazioni che comunque verranno trebbiate, secondo l’Ente Risi.
L’emergenza climatica si aggiunge ai rincari delle materie prime con aumenti record che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio. Uno shock devastante per l’economia e l’occupazione, con oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera, ma anche per la tutela dell’ambiente e della biodiversità.
Intanto è arrivato il via libera in Conferenza Stato Regioni al decreto del Mipaaf che stanzia 15 milioni di euro fino ad esaurimento per i risicoltori italiani a parziale ristoro dei maggiori costi sostenuti a seguito della crisi causata dalla guerra in Ucraina, del livello record raggiunto dai prezzi delle materie prime energetiche e anche in considerazione della siccità che ha compromesso le produzioni.
Per sostenere il settore – sottolinea Coldiretti – bisogna anche lavorare sugli accordi di filiera come strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo la catena di produzione Ma sul riso italiano grava la concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori. In Italia oltre il 70% del riso importato è oggi a dazio zero.
Un esempio è il Myanmar, che è tra i primi fornitori del nostro Paese con 72,5 milioni di chili nei primi sei mesi del 2022, ben 24 volte di più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un trend favorito dalla scadenza della clausola di salvaguardia con la quale si erano bloccate le agevolazioni tariffarie concesse al Paese asiatico e alla Cambogia che ha più che raddoppiato le sue esportazioni verso l’Italia.
Per anni i due Paesi asiatici hanno beneficiato dell’azzeramento dei dazi per esportare in Italia e in Europa nell’ambito del regime Eba (tutto tranne le armi). Il risultato è stato una vera e propria invasione di prodotto asiatico che ha messo in ginocchio i produttori nazionali. Facilitazioni che, peraltro, sono state sospese solo per la varietà di riso indica, mentre per la japonica sono rimaste attive, nonostante le violenze del golpe militare.
Mentre dal Vietnam, che con l’Unione europea ha un accordo per 80 milioni di chili esenti da dazio, sono giunti solo in Italia nel primo semestre di quest’anno quasi 11 milioni di chili di riso, 4 volte in più rispetto allo stesso periodo del 2021.
Una situazione che – continua la Coldiretti – sommata al crollo del raccolto nazionale, rappresenta un rischio in più per i produttori italiani delle 200 varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al vialone nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come indicazione geografica protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
Con 1,5 milioni di tonnellate all’anno – sottolinea Coldiretti – l’Italia garantisce il 50% dell’intera produzione di riso della Ue di cui è il primo fornitore, con una gamma di varietà e un livello di qualità uniche al mondo.
Gli italiani – conclude l’associazione – consumano in media fra i 5 e i 6 chili a testa, ma la corsa dell’inflazione con l’esplosione dei costi di produzione ha spinto la crescita dei prezzi al dettaglio sugli scaffali del +22,4% nell’ultimo anno ad agosto, secondo l’analisi di Coldiretti su dati Istat.