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Quelle 2 donne a terra allìospedale di Nola: “Noi, grate ai dottori salve grazie a loro”

Gen 11, 2017

NOLA. “Ma perché dovrebbero licenziare i medici? “, si chiede sorpresa Maria, ancora ammalata ma dal suo letto di casa. “E pure io devo solo ringraziarli. Meno male che ci hanno tenuto lì e non ci hanno rifiutato, sennò mia moglie andava in choc anafilattico e moriva”, ti spiega il marito di Franca. Eccole. Le due pazienti “stese a terra“. E i loro cari.

Due anziane pazienti, come tante. Scosse da un broncospasmo, vulnerabili al freddo, all’influenza, con gli occhi che si perdono in un pronto soccorso che sembra una bolgia. Per questo, sono diventate figure simbolo di un’utenza che spesso al sud soccombe: o così o niente, o questa sanità o nessuna sanità. Guardi quell’immagine e sai che possono essere tua madre, tua zia, la tua vecchia prof o vicina di casa. Sono Maria P., 72 anni, di Nola, due figlie. E Franca V., 65 anni, marito e tre figli.

Nella foto – purtroppo diventata “iconica” della Sanità meridionale, nell’Europa 2017 -Maria è la bionda anziana in pigiama che compare sulla destra, che si rannicchia in posizione fetale sul pavimento, pantalone grigio e maglia rosa, mentre è in preda a una crisi respiratoria. Franca, quella a sinistra, più bruna, anche lei portata via da casa così come stava a letto, in pigiama, pantaloni scuri e maglia azzurra, è avvolta nel plaid con cui era uscita dal suo appartamento. Neanche quello, per beffarda ironia, avrebbe potuto offrirle l’ospedale.

“Cosa posso dirvi? Adesso sono sotto allergia, prurito e macchie, non so da che cosa dipende, ma almeno la crisi respiratoria bruttissima che ho avuto sembra passata”, racconta Maria, accudita dalla figlia Silvia, nella sua casa del nolano. Tra le paradossali conseguenze di quella notte terribile in pronto soccorso, spiega Silvia, “dobbiamo contare anche la moltiplicazione di questa immagine di lei sul pavimento”. Silvia sta monitornado la situazione di sua madre, e spiega: “C’erano troppi pazienti quella notte. Mia madre inizialmente aveva avuto una sedia dove appoggiarsi. Poi, dovendo spostarsi per fare una radiografia, quando è tornata la sedia non c’era più. Niente su cui appoggiarsi. Ora sento dire che vorrebbero licenziare i medici? Ma è assurdo. Sono le barelle che devono arrivare. Ed è il personale infiermieristico che è insufficiente. Ma loro, in condizioni di stress, fanno quello che possono. Certo, sono un po’ sbrigativi, ma la situazione è terribile”. Silvia ha anche un altro ricordo: “Persino la donna che aveva appena perso suo marito, a soli 45 anni, per un infarto non faceva che parlare bene dei medici: la signora piangeva, i parenti raccontavano che l’avevano soccorso con scrupolo, facendo ogni tentativo per rianimarlo”.

Anche Franca ora è tornata a casa. Ha rischiato uno choc anafilattico. Si pensava fosse un arresto cardiocircolatorio. Accanto a lei, adesso c’è suo marito, Francesco, ex operaio dell’Alfa Sud (“Parli piano per favore, ho un un piccolo problema di udito, ma ci sento “). “I medici sono stati bravi, anche se sono stata a terra, io mi ricordo solo che stavo malissimo “, mormora Franca. Il marito spiega: “L’hanno fatta entrare subito, senza verificare neanche quale codice fosse. Certo, abbiamo atteso, c’era troppa gente, c’era da deprimersi, un grande caos. Mia moglie piangeva. La volevano mettere su una sedia, ma poiché aveva capogriri e non riusciva a stare seduta, nessuno sapeva come fare, allora qualcuno l’ha fatta stendere, e allora abbiamo usato il plaid che ci eravamo portati da casa”.

Licenziare i medici? “Ma che: scherziamo?”,

scandisce il 70enne Francesco. “Il medico che ha assistito mia moglie era cortese e competente, io non gli posso dire proprio niente. E guai se mi avessero rifiutato il ricovero di mia moglie: e dove mai avrei messo la testa? Lei in pigiama, io anche ero influenzato con nausea e vomito, mille volte meglio che l’abbiano accettata, anche se messa a terra. Meno male che l’hanno messa a terra. Con lo choc anafilattico si muore. E lei è viva, e stiamo a casa”.

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