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Quante radiazioni prendiamo nei voli aerei?

Gen 30, 2017

Quante radiazioni cosmiche vi colpiscono quando siete a bordo di un aereo? Potete trovare la risposta in una nuova ricerca pubblicata dalla NASA finalizzata proprio a studiare gli effetti della radiazione cosmica nella nostra atmosfera. L’obiettivo era quello di contribuire a migliorare il monitoraggio delle radiazioni a cui sono sottoposti gli equipaggi e i passeggeri dell’industria aeronautica.

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RaD-X pronto al lancio da Fort Sumner, New Mexico. Crediti: NASA/Christopher Mertens

Lo scenario è semplice: immaginate di essere seduti su un aereo, e di stare percorrendo una tratta che prevede il passaggio nella stratosfera, a 36.000 piedi di altezza. Come vi sarà capitato più volte di vedere, sarete al di sopra delle nuvole, quello che forse non sapete è che vi troverete anche al di sopra di gran parte dell’atmosfera. Il fatto che vediate solo cielo blu è poco indicativo, perché questa regione è tutt’altro che vuota.

Ci sono particelle ad alta energia, chiamate raggi cosmici. Quando siamo con i piedi per terra siamo in gran parte protetti da questa radiazione perché la magnetosfera terrestre, che agisce come un gigantesco schermo magnetico, blocca la maggior parte della radiazione che raggiunge il pianeta. Particelle con energia sufficiente, tuttavia, possono penetrare la magnetosfera e scontrarsi in atmosfera con le molecole di azoto e ossigeno. Queste collisioni fanno sì che le particelle ad alta energia decadano in particelle differenti, mediante processi noti come cascate elettromagnetiche.

Se guardando fuori dal finestrino dell’aereo poteste vedere le particelle, vedreste degli sciami in una regione appena al di sopra della vostra posizione. La densità dell’atmosfera fa sì che il decadimento avvenga prevalentemente ad un’altezza di circa 55.000 piedi, creando uno strato concentrato di particelle di radiazione in una regione ampia nota come Pfotzer Maximum, dal nome del fisico George Pfotzer che la scoprì nel 1930.

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GLi strumenti di RaD-X pronti a misurare le radiazioni cosmiche. Crediti: NASA

Le radiazioni nell’atmosfera possono essere misurate in due modi: dalla loro quantità o dalla loro capacità di danneggiare i tessuti biologici. Quest’ultimo, la Dose equivalente, è anche il parametro standard per quantificare i rischi per la salute, ed è notoriamente difficile da misurare, in quanto richiede la conoscenza sia del tipo di particelle sia della loro energia, oltre che della quantità. Perché sia le particelle primarie ad alta energia sia quelle secondarie risultanti dal decadimento possono avere effetti negativi sulla salute.

Per studiare meglio la situazione la NASA ha lanciato a settembre 2015 da Fort Sumner, New Mexico, l’esperimento Radiation Dosimetry Experiment (RaD-X) che consisteva in un pallone ad elio che trasportava nella stratosfera strumenti atti a misurare appunto la radiazione cosmica proveniente dal Sole e dallo spazio interstellare. I risultati dello studio sono stati presentati sulla rivista Space Weather Journal e riportano “misure [che] per la prima volta sono state prese a sette differenti altitudini “, come ha spiegato Chris Mertens del Langley Research Center della NASA.

Fra le misurazioni fatte da Rad-X alcune erano note già prima, altre sono del tutto nuove, e nel complesso sono servite a misurare la dose equivalente su una gamma di altezze. Quello che è stato appurato è che c’è un aumento costante della dose equivalente man mano che si sale nell’atmosfera, che apparentemente contraddice la concentrazione di particelle al Massimo Pfotzer. Un dato che può essere spiegato con la complessa interazione di particelle primarie e secondarie a tali altitudini, e nel modo in cui le particelle primarie che si trovano più in alto abbiano un effetto molto più dannoso sui tessuti rispetto alle particelle secondarie.

I livelli di radiazioni nel modello NAIRAS. I colori più caldi indicano una maggiore quantità di radiazioni. Crediti: NASA / Nairas

La conclusione è che gli equipaggi degli aerei civili sono esposti a quasi il doppio di radiazioni di chi resta a terra. I risultati di questa ricerca saranno utilizzati per migliorare i modelli meteorologici spaziali, come il Nowcast of Atmospheric Ionizing Radiation for Aviation Safety (NAIRAS), creato apposta per prevedere eventi come le tempeste magnetiche che seguono alle eruzioni solari. Ma potranno essere usate anche dai piloti dei voli commerciali per sapere dove e quando i livelli di radiazione non sono sicuri, e modificare le rotte di conseguenza se e quando necessario.

Per farvi un’idea un po’ più precisa, sappiate che in generale i voli a medio-corto raggio viaggiano a quote comprese fra 30 e 36mila piedi; nelle tratte intercontinentali si raggiungono i 45mila piedi. In questo caso in 5 ore si assorbe grossomodo una dose di radiazioni equivalente a quella di una radiografia dentale.

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