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Quando Falcone finì sotto accusa per il ritorno del pentito Contorno in Sicilia. L’Antimafia pubblica i verbali

Set 27, 2019

Il 9 agosto 1989, la commissione antimafia allora presieduta da Gerardo Chiaramonte convocò il pentito Salvatore Contorno per chiedergli del suo ritorno in Sicilia dagli Stati Uniti, mentre a Palermo c’erano diversi omicidi. Ma sotto accusa non sembrava lui, in quel momento arrestato (e poi scagionato), piuttosto il giudice Giovanni Falcone. Le domande fatte al collaboratore e poi anche all’ex capo della Criminalpol Gianni De Gennaro raccontano di un clima di sospetti attorno al magistrato che a giugno i boss di Cosa nostra avevano tentato di far saltare in aria sulla scogliera dell’Addaura. Di quel fallito attentato neanche si parlava a Palazzo San Macuto. I verbali di quei giorni sono stati pubblicati oggi della commissione parlamentare antimafia presieduta da Nicola Morra: raccontano la solitudine di Falcone e dei suoi più stretti collaboratori. Mentre a Palermo tirava addirittura il venticello della calunnia, “forse il giudice se l’è fatto da solo l’attentato”. Falcone era davvero isolato. Come Paolo Borsellino.

Altre carte desecretate dall’Antimafia nelle scorse settimane ricordano oggi cos’era la lotta alla mafia in quegli anni difficili. Un recupero della memoria che la commissione parlamentare sta facendo grazie a un certosino lavoro di studio e ricostruzione fatto dall’ex pubblico ministero del processo Trattativa, Roberto Tartaglia, che Morra ha voluto suo consulente. In questi giorni Tartaglia è candidato alla successione di Cantone al vertice dell’autorità anticorruzione.

Quella mattina del 9 agosto, il deputato del Pci Luciano Violante chiedeva al collaboratore Salvatore Contorno: “E’ stato interrogato dal dottore Falcone, o ha visto il dottore Falcone nel periodo in cui era in Italia?”. Risposta: “Andavo spesso alla Criminalpol, l’ho incontrato al bar con un paio di altri magistrati”. Violante incalzava: “Io ho fatto un’altra domanda. Lei è stato interrogato dal giudice Falcone?”. Contorno: “Non ricordo perché sono venuti diversi magistrati”.

Un fuoco di fila di domande. Il verde Gianni Lanzinger: “Poco fa lei affermava di essersi incontrato con Falcone al bar. Si ricor­da cosa vi siete detti?”. Risposta di Contorno: “Era un bar all’interno della Criminalpol, frequentato da molti poliziotti. Ero andato alla Criminalpol perché avevo bisogno di un dentista e io non avevo né soldi né assistenza sanitaria per cercarmene uno. Andando al bar con un agente ho visto che c’era Falcone”. E quell’episodio, del tutto banale, diventò presto un altro sospetto. “Vi siete solo salutati?”, chiedeva il deputato. “Sì”.

Anche il deputato Franco Corleone, pure lui dei Verdi, chiedeva: “E’ stato interrogato dal dottore Falcone, oltre che vederlo al bar?”. Contorno: “Quando?”. Corleone: “Non lo so, chiedo a lei… perché a noi risulta che ci sia stato l’interrogatorio”.

Il senatore Salvo Andò puntava invece De Gennaro: “Lei aveva parlato col giudice Falcone del ritorno di Contorno?”. Il poliziotto chiariva che il “giudice Falcone lo ha anche interrogato nel mio ufficio”. Non c’era davvero nessun mistero in quel ritorno in Italia del pentito, che lamentava di non avere assistenza, all’epoca non c’era ancora la legge sui collaboratori: “Contorno manifestò la sua situazione di insofferenza già negli Stati Uniti… voleva tornare in Italia”, spiegava De Gennaro.

Ancora Violante: “Ci è risultato strano che Contorno, che su tante cose è preciso nel ricordare, non ricordava di essere mai stato interrogato in procura”. Risposta del poliziotto: “Forse da Falcone è stato interrogato più volte, non so, questa può essere una spiegazione”. E a quel punto Violante sbotta: “Lei si è reso conto che il problema delicato della permanenza di Contorno in Sicilia e quello relativo al rapporto tra Contorno e l’organizzazione mafiosa per un verso e in secondo luogo dei rapporti fra Contorno e settori istituzionali in quel periodo è il punto delicato della vicenda. In sostanza bisogna capire se Contorno è stato in quel periodo fonte informativa consapevole, se è stato lì per acquisire notizie e passarle a qualcuno”. E dopo questa considerazione, un’altra domanda: “E’ accaduto questo?”. Risposta netta di De Gennaro: “Ho già risposto di no per quanto riguarda il mio ufficio. Anche teoricamente ne ho spiegato la ragione. Posso dire che per quanto mi riguarda non ho avuto informazioni, tranne quelle di ordine generico”.

Poi, l’Antimafia chiuse il caso. Ma intanto il tam tam dei sospetti, alimentato in quei mesi dalle lettere anonime del Corvo, aveva reso ancora più solo Giovanni Falcone.

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