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Puglia, no alle origini cristiane nello statuto della Regione: la guerra di religione spacca il consiglio

Mar 17, 2017

Non solo xylella, disoccupazione, inquinamento. I consiglieri regionali dedicano il loro tempo per capire come modificare l’articolo 1 dello Statuto regionale, ovvero se inserire riferimenti laici in difesa della religione oppure citare apertamente le radici cristiane della Puglia. E così, quello che non sembra proprio un tema fra i più sentiti per i pugliesi, è stato al centro di parecchie riunioni di commissione e ora approderà anche nell’aula del consiglio regionale che, tra l’altro, ha già vissuto polemiche simili nei mesi scorsi quando l’assemblea regionale approvò una mozione di Forza Italia che prescrive la presenza e l’esposizione del crocifisso all’interno del parlamentino regionale, ora in bella mostra proprio alle spalle dei banchi della presidenza del consiglio.

A quanto pare, però, il crocifisso non basta, e così nelle ultime ore si assiste a una marea di comunicati stampa e fiumi di parole da parte dei consiglieri regionali, chi schierato dalla parte della libertà di culto e chi invece in difesa dei valori cristiani. Fino ad ora, con le discussioni in commissione, si è scherzato, ma in Puglia i concetti di laicità e cristianità potrebbero finire ben presto a braccetto nella Carta che elenca i principi, i diritti e gli organi della Regione Puglia. La discussione dovrebbe approdare prossimamente nell’aula del consiglio regionale, dove rischia di scatenarsi una “guerra di religione” tra maggioranza e opposizione e all’interno degli stessi singoli partiti.

Per comprendere questa vicenda bisogna partire da quanto successo ieri in Settima commissione presieduta da Erio Congedo. Due le mozioni presentate per modificare l’articolo 1 dello statuto della Regione Puglia, quello che tra l’altro definisce la Puglia “regione autonoma” fondata “sui valori che hanno informato quanti si sono battuti per la Liberazione” ma anche regione dalla storia “plurisecolare di culture, religiosità, cristianità delle popolazioni”.

La prima mozione a firma del consigliere regionale del Pd, Fabiano Amati (presentata già il 6 aprile 2016) prevede l’introduzione nello Statuto della “tutela della libertà religiosa e morale dei cittadini”. La seconda mozione presentata (il 26 maggio 2016) dal capogruppo di Forza Italia, Andrea Caroppo, prevede “il riconoscimento delle radici cristiane del popolo pugliese quale espressione della centralità della persona, nei suoi diritti e doveri”.

Le due proposte di legge si sono incrociate in commissione e qui alla fine è stata approvata all’unanimità la proposta di legge “laica” di Amati. Bocciata invece la mozione “cristiana” di Forza Italia, affossata dai voti contrari dei consiglieri di Pd e Movimento Cinque Stelle. Per Caroppo però non si tratta di una sconfitta. Al punto che il capogruppo forzista esulta: “Sventato un attacco alla libertà di coscienza dei pugliesi. Sinistra e M5S riconoscano le radici cristiane del popolo pugliese” riferendosi allo stralcio di un inciso della mozione di Amati che però secondo il consigliere dem “serviva a evitare che un qualsiasi convincimento religioso debba sopravanzare altre regole”.

Ora la discussione passerà in aula consiliare.

Sul tema delle radici cristiane però è difficile trovare una linea comune, soprattutto nella maggioranza. Non a caso ieri in commissione il capogruppo del gruppo di maggioranza La Puglia con Emiliano, Paolo Pellegrino, ha votato a favore della mozione cristiana: “L’inserimento delle radici cristiane – hanno dichiarato Pellegrino e il suo collega di gruppo Alfonso Pisicchio – avrebbe un valore pregnante accanto alla proposta del consigliere Amati e al tempo stesso eviterebbe l’idea che la Puglia stia abdicando alla sua marcata identità cristiana” .

Nettamente contrari, invece, i consiglieri di Noi a Sinistra per la Puglia: “No alla forzatura del richiamo ai valori cristiani”

ha affermato Mino Borraccino, “individuare le radici cristiane è una bizzarra idea antistorica” ha ribadito Enzo Colonna. Sul punto, dunque, non c’è intesa. Anche perché per approvare le modifiche dello Statuto è necessaria la doppia votazione con maggioranza assoluta. La parola passa così al consiglio che, visto l’andazzo in commissione, potrebbe esprimersi al tempo stesso a favore del laicismo e delle radici cristiane.

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