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Powell vede l’economia Usa in crescita, i mercati temono i rialzi dei tassi Fed

Feb 28, 2018

MILANO – Ore 10:00. I listini azionari reagiscono con debolezza alla prima audizione del governatore Fed, Jerome Powell, davanti al Congresso. Gli addetti ai lavori hanno sottolineato in particolare i passaggi in cui il banchiere ha riconosciuto che l’economia Usa lo sta sorprendendo al rialzo per forza, lasciando intendere che di conseguenza i “rialzi graduali” dei tassi d’interesse potranno essere anche quattro nel corso del 2018. Inizialmente i piani di politica monetaria prevedevano tre interventi, poi negli ultimi tempi si era fatta strada l’idea di un percorso accelerato visti i primi segnali di inflazione arrivare anche dal fronte dei salari. Ieri Powell ha corroborato questa tesi, pur rimarcando che la dinamica dei prezzi è ancora bassa, ma salirà al 2% obiettivo nel medio termine. La digestione delle parole del numero uno della Fed da parte dei mercati ha portato a vendite sull’azionario e sui Treasury, con l’effetto di riportare il rendimento dei bond governativi Usa sopra il 2,9%. Il dollaro si è invece rafforzato, portando l’euro a scendere fin quasi a quota 1,22 biglietti verdi; muovendosi in direzione opposta al dollaro, invece, il petrolio è sceso sotto quota 63.

I listini Ue trattano così deboli: Milano perde lo 0,3%, in linea con le altre: Londra -0,25%, Parigi -0,2% come Francoforte. L’euro come accennato passa di mano a 1,2232 dollari e 131 yen. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è sotto controllo a poche ore dal voto italiano: si trova in area 135 punti base, con il rendimento del decennale tricolore al 2% sul mercato secondario.

Dal fronte macro si registra il calo della fiducia dei consumatori tedeschi a marzo: probabilmente ha risentito dei lunghi tempi per la formazione della Grande coalizione. L’indice Gfk si è portato a 10,8 punti dagli 11 di febbraio e sotto le attese degli analisti che avevano previsto che l’indice arretrasse a 10,9 punti. Sempre dalla Germania si registra una disoccupazione stabile al 5,4% a febbraio, mentre dall’Italia e l’Eurozona nel suo complesso arriva il dato dell’inflazione. In Francia intanto il Pil del 2017 è stato rivisto al rialzo al +2%.

Stamattina, in scia alla seduta negativa di Wall Street e con dati macro poco convincenti, la Borsa di Tokyo ha chiuso in rosso dell’1,44%, interrompendo una scia positiva di tre sedute. Chiusure miste in Cina, con Shenzhen positiva dello 0,2% e Shaghai in rosso di un punto percentuale. I dati macro dai due colossi asiatici sono stati negativi. In Cina, l’attività manifatturiera a febbraio ha mostrato un rallentamento: l’indice Pmi calcolato dal National bureau of statistics è indicato a 50,3 punti, rispetto ai 51,3 punti di gennaio. Si tratta del livello più basso da agosto 2016. L’indice Pmi non manifatturiero si contrae invece a 54,4 punti dai 55,3 punti di gennaio. In Giappone hanno invece deluso le vendite al dettaglio, scese a gennaio dell’1,8%; sotto le aspettative anche il dato della produzione industriale che ha segnato un -6,6% nel primo mese dell’anno.

La Piazza americana ha chiuso ieri in calo e sui minimi di giornata: Dow Jones e S&P 500 si apprestano a mettere fine alla serie di dieci mesi di fila in rialzo. All’indomani della migliore seduta dal primo febbraio, l’S&P 500 ha messo a segno (-1,27%) la peggiore giornata di scambi dall’8 febbraio, il giorno in cui l’indice benchmark – come gli altri – è entrato in correzione (status definito da un calo di almeno il 10% dal record recente). Il Dow ha ceduto l’1,16%, il Nasdaq l’1,23%. Negli Usa si attendono oggi i dati sui mutui, sul numero di compromessi per case esistenti, il Chicago Pmi ma soprattutto la seconda stima del Pil del quarto trimestre 2017 (atteso in rialzo del 2,5%).

Tra le materie prime, il prezzo del petrolio è in ribasso, in attesa delle scorte Usa e per le prese di beneficio degli investitori. Sui mercati asiatici i future sul Light crude Wti cedono 40 cent a 62,61 dollari e quelli sul Brent calano di 40 cent a 66,23 dollari al barile.

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