Di qui l’idea di riportare il Rdc allo spirito del Rei, il Reddito di inclusione varato dal governo Gentiloni, poi riassorbito e cancellato dal Reddito grillino. E di agganciare le politiche attive del lavoro alla riforma degli ammortizzatori sociali che arriverà nel 2021. Un’agenda molto ambiziosa.
Per ora ci sono due indizi. Il primo, alcune dichiarazioni. Ma eclatanti, più simili a retromarce che al “tagliando” della misura pur auspicato dal premier Conte. Da una parte il ministro Luigi Di Maio che ne certifica il fallimento come strumento duale e invita a ripensare il Reddito “separando nettamente” la lotta alla povertà e la ricerca di un posto. Dall’altra il suo ex consigliere, attuale presidente dell’Inps, Pasquale Tridico che vede il Rdc “come strumento di lotta alla povertà piuttosto che di politiche attive”.Non una cosa da poco. Perché il decreto 4 del 2019, istitutivo del Reddito, all’articolo 1 comma 1 lo definisce “misura fondamentale di politica attiva del lavoro”, oltre che “di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale”. Ecco che bisognerà cambiare la legge. E con ogni probabilità ammorbidire gli stessi requisiti di accesso.
Il Covid ha mandato in affanno l’esecutivo quando si è trattato di sostenere, nel lockdown e dopo, le famiglie scoperte da ogni entrata. Il Rdc non bastava. E allora prima è arrivato il Reddito di ultima istanza. Poi il Reddito di emergenza (Rem), 1 miliardo di stanziamento per 867.600 famiglie equivalenti a 2.016.400 persone. Una platea molto vasta, non intercettata da nessun altro aiuto. Il Rem è stato rinnovato tre volte per 5 mensilità totali da 400 a 800 euro al mese (840 se c’è un disabile). A fine dicembre però finirà.
Ecco allora il secondo indizio, le nuove risorse stanziate. La legge di Bilancio destina 4 miliardi in più in 9 anni al Reddito di cittadinanza, 477 milioni all’anno, strutturali dal 2029. Inevitabile, perché i tecnici Inps avvertono che il Rdc ha fatto quasi il pieno e i 7 miliardi all’anno non bastano se le domande crescono al ritmo del 2020: un quarto in più da gennaio a settembre, per un totale di 3,1 milioni di beneficiari (che corrispondono a 1,3 milioni di famiglie). Praticamente la platea del decreto 4.
Ma accanto ai calcoli stringenti dell’Inps, si muove qualcos’altro. “Sarà necessario incrementare ancora le risorse” del Rdc, ha detto a sorpresa il ministro pd dell’Economia Roberto Gualtieri nell’audizione parlamentare di dieci giorni fa proprio sulla manovra. “Ciò avverrà in sede di scostamento 2021”. Ovvero nella richiesta al Parlamento di nuovo deficit che il governo farà a gennaio, si ipotizza pari a 20 miliardi. Più soldi dunque a un Reddito di cittadinanza rivisto e corretto, in grado di assorbire anche il Rem e la sua platea.
Capace di rivitalizzare quella rete sociale fiore all’occhiello del Rei di Gentiloni, schiacciata dal protagonismo che il Rdc assegna alle Regioni e ai loro Centri per l’impiego. I servizi sociali dei Comuni sono cruciali nell’approccio multidimensionale alla povertà. Non a caso il governo ha stanziato in pochi mesi ben 800 milioni in due tranche per i buoni pasto distribuiti dai sindaci. E l’Anci chiede ora di gestire parte dei 160 milioni anti-sfratto per i cittadini che non riescono a pagare nemmeno l’affitto.