A quattro mesi dal crollo del Ponte Morandi a Genova, Autostrade punta il dito contro il Governo. Nel ricorso presentato al Tar della Liguria, un documento di quaranta pagine di cui La Stampa riporta le parti salienti, Autostrade fa riferimento ad una campagna mediatica ostile da parte degli «esponenti governativi». Rei, secondo Autostrade, di aver trasformato un’azienda privata in un «bancomat», violando la Costituzione e le normative europee.
Nel ricorso, Autostrade chiede l’annullamento di quattro provvedimenti: la nomina da parte del premier Giuseppe Conte del sindaco di Genova, Marco Bucci, come commissario, e i tre decreti dello stesso, che stabiliscono le regole per l’affidamento dei lavori di demolizione e ricostruzione del Ponte Morandi.
Autostrade non chiede provvedimenti sospensivi, perché non vuole «determinare alcun ritardo ovvero ostacolare le attività di demolizione e ricostruzione». Questo per la «consapevolezza che la tempestiva ricostruzione del ponte, oltre a ripristinare la piena funzionalità dell’autostrada A10, consentirà anche alla città di Genova di superare definitivamente la drammatica situazione determinatasi». La contestazione viene fatta per «tutelare diritti e interessi anche patrimoniali» degli azionisti» e «a tutela della onorabilità delle migliaia di propri dipendenti».
Secondo Autostrade, il Governo avrebbe mostrato «in assenza di qualsiasi accertamento di responsabilità, intenti palesemente sanzionatori, resi ancor più evidenti dalle molteplici esternazioni di esponenti governativi». Costituzione e diritto dell’Unione europea, si legge nel documento, «non consentono, relativamente al crollo del ponte come a qualunque altro accadimento, di individuare una responsabilità per legge e di stabilire, sempre per legge, gli effetti conseguenti», prescindendo «dagli accertamenti dell’autorità giudiziaria». Dunque, spetta ai giudici stabilire le responsabilità, non «al Parlamento e neppure al governo».
Facendo riferimento al testo della concessione del 2007, l’azienda ricorda che «tutte le attività inerenti la demolizione e la ricostruzione del ponte rientrano tra quelle comprese nell’esclusivo perimetro della concessionaria», che ha «il diritto e l’obbligo» di provvedere alla «riparazione tempestiva». Questo diritto e questo obbligo sono stati compromessi dal governo impedendo ad Autostrade di demolire e ricostruire il ponte, vietandole di partecipare ai lavori e imputandole comunque i costi.
Autostrade spiega poi di aver presentato un progetto a Toninelli e Bucci, nella convinzione di essere «il soggetto sicuramente più qualificato e più celere» per la ricostruzione. Nessuno dei due ha «dato riscontro a tale dichiarata volontà». Bucci, invece, «ha posto in essere direttamente le attività spettanti alla concessionaria», con una «spoliazione priva di ragionevole giustificazione».
Quindi «La concessionaria può fare soltanto una cosa: pagare qualsiasi importo le richiederà il commissario, senza alcun parametro quantitativo applicabil». Questo, secondo Autostrade, la trasforma «da concessionaria a bancomat», sottoponendo l’azienda a una «norma singolare arbitraria, iniqua e punitiva» che «nelle intenzioni pur confusamente indicate» dal governo diventa una «sostanziale forma di espropriazione».