AGI – I terreni delle cosiddette ‘acque basse’ di Ispica sono ancora allagati e le pompe non sono in grado di prosciugare l’acqua che li ha invasi con l’alluvione del 10 febbraio scorso. Le aree interessate abbracciano circa 200 ettari, una sorta di “Olanda siciliana” che attraverso un sistema di saie e canali, e con delle pompe idrovore ha reso coltivabili e abitabili vaste zone. Queste aree, soprattutto le contrade Pantano, Margio e Marza sono oggi in ginocchio per manutenzioni non effettuate, occlusioni di canali e scelte tecniche perlomeno “discutibili”. Il dato di fatto è che gli abitanti e chi ha aziende agricole nella zona si sono dovuti autotassare per avere il carburante necessario a mettere in funzione le pompe, e oggi continuano a vivere una emergenza fatta di rimpalli di responsabilità e interventi inadeguati.
Tre gli enti che dovrebbero occuparsi del territorio in questione: l’Autorità di Bacino e il Consorzio di Bonifica (entrambi enti della Regione Sicilia) e seppur marginalmente il Comune di Ispica. L’Autorità di bacino, che dovrebbe “assicurare la difesa del suolo e la mitigazione del rischio idrogeologico”, il Consorzio di Bonifica che avrebbe il compito di “promuovere e organizzare la bonifica come mezzo permanente di difesa conservazione e valorizzazione e tutela del suolo di utilizzazione e tutela delle acque e salvaguardia dell’ambiente”.
E poi il Comune di Ispica. L’alluvione provocata dal medicane Helios è stata devastante; il canale consortile ha superato gli argini, e l’acqua che doveva sboccare in mare è risalita nei terreni perché manca un sistema di chiuse a protezione di questi, e le pompe idrovore sono state in parte inutilizzabili. Cinque sono le pompe del Consorzio di bonifica che opera nell’area: due, una elettrica e una diesel ancora sott’acqua, sono collocate al Pantano Gariffi. Se l’acqua non viene assorbita (sempre che non riprenda a piovere), i tecnici non possono procedere alle verifiche e le pompe non potranno tornare in funzione. La capacità è di circa 300 litri al secondo per ognuna ma evidentemente servirebbe innalzarle per evitare la cronica sommersione che le rende inutilizzabili, come già avvenuto nell’inondazione del 2019. C’è poi la “stazione di pompaggio” che ha quattro pompe, a cui se ne è aggiunta una quinta diesel fornita in emergenza dalla Protezione civile. Tre di queste sono elettriche e al momento spostano 300 litri al secondo ognuna; una è diesel ma spenta. Un problema tecnico che attende risoluzione dopo che anch’essa è finita sott’acqua. E quella della Protezione civile, anch’essa diesel è spenta perché manca il carburante.
A quanto apprende l’AGI, in una recente riunione in prefettura il responsabile del Consorzio di Bonifica si era fatto carico di anticipare il gasolio per il funzionamento della pompa per tutta la durata dell’emergenza per poi ricevere il rimborso dalla Regione tramite la Prefettura. Il risultato è stato però che “per garantire il funzionamento della pompa è dovuto intervenire il nostro presidente con del gasolio messo a disposizione dal Sindaco – ha spiegato il portavoce del ‘Comitato canali sicurezza e territorio’, Fabrizio Bucarelli – e dopo un paio di giorni di uso di gasolio del Consorzio abbiamo dovuto fare una colletta all’interno del Comitato per supplire all’inefficienza del pubblico. Fino a ieri c’è stata una fornitura del Comune di Ispica che però ora è terminata. Aspettiamo risposte dal Comune che è al corrente della situazione”.
Insomma, nelle cosiddette “acque basse” di Ispica si dorme con un occhio solo, nella preoccupazione che la situazione possa peggiorare. “Tutti si sono dati da fare, chi ha messo in funzione i propri mezzi agricoli, chi ha dato una mano alle famiglie più colpite per rimettere in sesto aziende e abitazioni. Siamo tutti pronti a collaborare ma bisogna intervenire in fretta intanto per rendere utilizzabili le pompe già presenti e nel medio termine, per verificare la mappatura dei canali e delle saie e creare una chiusa che possa bloccare il reflusso dell’acqua che non sfogando in mare ritorna nei campi, oltre al fatto che alcune delle pompe andrebbero collocate in modo da non finire sott’acqua ogni volta”. Nel tempo, si sarebbe anche ridotta l’area in cui insisteva un bacino di “riserva d’acqua a fini irrigui”, opera importante che dava sfogo a una parte delle acque contenendole. I problemi della “piccola Olanda” sono tanti ma i più urgenti riguardano la situazione di attuale emergenza che non è ancora finita.