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Pneumatici ricostruiti: risparmio ma con rischio

Apr 23, 2022

Dal 15 aprile si possono di nuovo sostituire le gomme invernali con quelle estive. È dunque il momento di iniziare a cercare un nuovo set di pneumatici da montare, se quattro stagioni o estive non importa. La questione su cui occorre fare attenzione riguarda invece gli pneumatici ricostruiti, un’opzione che permette di risparmiare, ma che tuttavia cela alcuni rischi da tenere in considerazione.

Le gomme ricostruite: cosa sono?

Non sembrerebbe, ma gli pneumatici ricostruiti non sono affatto una novità. Esiste da anni la tecnica che permette di riciclare le gomme usate procedendo alla sostituzione del battistrada, tecnica utilizzata prevalentemente nel settore agricolo, ma anche nelle competizioni automobilistiche. In sostanza, per la ricostruzione alle gomme usate viene staccato dalla carcassa il battistrada e sostituito con uno nuovo applicando la tecnica della vulcanizzazione. Il risultato finale è dunque praticamente equiparabile a quello di uno pneumatico nuovo, in teoria.

A corroborare la validità degli pneumatici ricostruiti (non solo ambientale) è stato di recente finanziato un progetto, AZuR, nome che cela un’alleanza di aziende di vario genere legate al tema pneumatici che mira a promuovere l’immagine degli stessi. Ma il solo fatto che tale tecnologia non sia riuscita a imporsi sul mercato, d’altronde, legittima d’altro canto diverse domande, in primis relative al valore e alla sicurezza che può garantire un sistema del genere. Domande che si è posto anche il Touring Club Svizzero (TCS), che ha proceduto ad analizzare in maniera approfondita le gomme ricostruite attraverso dei test, da quasi vent’anni ormai.

I risultati dei test sugli pneumatici ricostruiti

Dal 2003 il Touring Club Svizzero mette alla prova gli pneumatici ricostruiti attraverso dei test che, via via, hanno dimostrato che questi ultimi non sono affatto confrontabili con le gomme nuove di fabbrica. L’ultimo test eseguito ha preso in esame gli pneumatici della marca King Meiler (nome che fa parte dell’alleanza suddetta, per inciso). I risultati? Negativi, soprattutto quando utilizzati su fondo stradale bagnato. Ad esempio, il test ha dimostrato che una frenata a fondo a 80 km/h necessita di tre passaggi pedonali in più rispetto alla gomma che meglio si comporta in questa specifica prova. Paiono dunque evidenti le conseguenze, e il fatto è che anche su strada asciutta il comportamento di questi pneumatici è parso impreciso e “spugnoso” in fase di test, per non parlare del notevole rumore di rotolamento e della scarsa resistenza all’aquaplaning. In un test realizzato un paio d’anni fa da una rivista svizzera, Auto Illustrierte, uno pneumatico è addirittura esploso.

Sono diversi i motivi di risultati così pessimi, ragion per cui prima di decidere se sostituire le gomme invernali con un set estivo ricostruito, è bene valutare il tutto. In primo luogo sorge il problema della carcassa utilizzata che può essere differente a seconda dei casi. Ad esempio si rischia che nonostante il battistrada sia lo stesso, può capitare che l’origine sia diversa, un’eventualità che va a ripercuotersi sulla maneggevolezza e sulle sensazioni che le gomme restituiscono a chi guida. L’altro problema riguarda poi la qualità dei battistrada utilizzati, la mescola, che non è detto siano simili ai migliori pneumatici in circolazione. Insomma, d’accordo il risparmio e la sostenibilità dal punto di vista ambientale delle gomme ricostruite, ma i rischi ci sono e il TCS, in definitiva, le sconsiglia.

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