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Pinne e ali sulle carene delle moto da corsa: servono davvero a chi va in strada?

Mar 7, 2023

Da qualche stagione a questa parte ci siamo abituati a veder spuntare delle pinne o ali sulle carene delle moto da corsa, specialmente su tutti i progetti destinati alla MotoGP. La massima categoria del motociclismo di velocità, si è sempre più concentrata sull’aerodinamica. Non che in passato non ci fosse l’esigenza di fendere l’aria in maniera proficua, ottimizzando l’energia prodotta dal propulsore e rendere la moto più stabile e veloce, ma il passo tecnico fatto in questo senso si è visto ampiamente. Lo studio della deportanza nei prototipi da corsa è salito ad un livello pari a quello della Formula 1 e le altre competizioni automobilistiche che hanno nell’aerodinamica il segreto di molti successi. Le nuove carenature fanno sembrare le moto dei caccia su due ruote che nei lunghi rettilinei superano ampiamente i 300 Km/h, mantenendosi stabili, abbattendo continuamente record sul giro.

Appurati i vantaggi di questa ricerca, anche le derivate di serie si sono dotate gradualmente di appendici aerodinamiche, ma essendo moto di produzione, per regolamento la versione da pista deve rispecchiare la moto stradale. In pratica, le eventuali appendici devono essere presenti sul modello stradale come in quello da corsa. Tra le iscritte al campionato, la casa che sembra aver maggiormente lavorato in questo senso è la BMW e come faceva notare un illustre quanto valido giornalista dell’ambiente alla prima gara in Australia del WordSBK 2023, il prorompente alettone integrato nella parte anteriore della carena della M 1000 RR, non piaceva esteticamente facendola sembrare una delle tante MotoGP.

Nulla vieta a un costruttore di lavorare su ogni aspetto per migliorare le prestazioni delle proprie moto e come spesso accade, in funzione del mondiale Superbike, a Monaco di Baviera hanno applicato un la strategia del “salmone”, creando la carena da pista per il modello destinato ai clienti stradali, in modo da rispettare il regolamento e avere di base i benefici di un’aerodinamica sofisticata e particolarmente redditizia alle alte velocità. La nuova aerodinamica alleggerisce il pilota riducendo la spinta del vento, per una guida prolungata, veloce e concentrata. Le winglet M in carbonio di nuova concezione, invece, aumentano il carico della ruota anteriore fino a 6,3 kg in più rispetto alla versione precedente, fornendo un totale di 22,6 kg di deportanza a 300 km/h: così, puoi affrontare le curve a velocità ancora più elevate. E’ quanto si legge sul sito bmw-motorrad.it alla voce descrittiva del modello “Ancora più veloce”. Questo ci fa capire come non ci siano dubbi sul fatto che la quattro cilindri tedesca nasce con l’intento di essere una moto particolarmente veloce tra quelle che un motociclista può acquistare. Già in passato altri marchi come Aprilia e Ducati si erano prodotti in percorsi inversi, creando la moto da corsa con targa e specchietti, per essere di base più competitivi nelle gare ufficiali.

Se poco tempo fa c’era stata una consistente riduzione delle superfici aerodinamiche con le carene al minimo per diminuire l’impatto con l’aria, oggi si torna in galleria del vento per aumentare tutti gli effetti utili ad andare più veloci, lavorando sul concetto come fosse l’ala di un aereo.

Ma queste soluzioni servono davvero a chi va solo per strada?

Se pensiamo a quanti pezzi escono dalle linee di una fabbrica ogni anno e a quanti di questi sono destinati alla pista, c’è una sproporzione. Per ottenere beneficio dai suddetti studi, occorre portare una BMW M 1000 RR allo spasimo, guidare con l’abilità e il talento di Scott Redding o Van der Mark (veri fenomeni) e comunque non basterebbe. In pista le moto possono sfruttare tutto lo spazio del tracciato, alla ricerca della miglior traiettoria, ma non tutti i piloti sono in grado di sfruttarlo. Nel mondiale Superbike e nel CIV ad esempio, i piloti sanno spremere un mezzo con queste caratteristiche, ma scendendo di categoria, si nota subito la differenza e la stessa moto nelle mani di un atleta più modesto, non rende allo stesso modo.

Tornando alle strade, è impossibile, ma anche improponibile andare così veloci da sentire i benefici delle innovazioni aerodinamiche che nelle fasi di gara farebbero la differenza sulla prestazione. La strada non è il luogo per andare forte e non serve elencare i vari punti deboli come le condizioni del manto stradale, la presenza di traffico di ogni genere, il rispetto del codice, la sicurezza, ecc… Semplicemente, si torna alla teoria che per avere una carenatura tipo MotoGP anche in Superbike, una moto di serie deve nascere con quelle caratteristiche e tutta la pubblicità sulle prestazioni può, nella migliore delle ipotesi, invogliare l’acquirente che vuole praticare la pista, a scegliere un modello piuttosto che un altro. Oltre che dal lato tecnico, si riscontra una controtendenza anche dal punto di vista commerciale. Infatti, se un tempo erano le gare della domenica a far vendere le moto il lunedì, oggi è più la promessa di vivere le stesse sensazioni di un pilota del mondiale ad attirare il cliente suggestionato da quella voglia di emulare il proprio beniamino o l’appassionato che nei trofei amatoriali vuole vedere limato di qualche decimo il suo giro veloce dell’anno prima.

In conclusione, non c’è peccato nel voler costruire una moto da corsa omologata per la strada, ma ciò che realmente un utente medio può fare è veramente limitato. Il bello dei motociclisti però è proprio questo, che sono sempre capaci di sognare e si sa, i sogni aiutano a vivere meglio.

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