I NODI DELLA CAMPAGNA
I primi “rinforzi” dovrebbero “entrare in azione” la settimana prossima, nella migliore delle ipotesi da lunedì 25. Nelle prossime ore dovrebbe essere definito il piano per lo smistamento dei medici e degli infermieri sul territorio
di Andrea Carli
I primi “rinforzi” dovrebbero “entrare in azione” la settimana prossima, nella migliore delle ipotesi da lunedì 25. Nelle prossime ore dovrebbe essere definito il piano per lo smistamento dei medici e degli infermieri sul territorio
20 gennaio 2021
4′ di lettura
Gli ulteriori ritardi nella consegna dei vaccini, con Pfizer che nelle ultime ore ha comunicato al Commissario straordinario per l’emergenza Covid Domenico Arcuri che anche nel corso della prossima settimana non solo non verranno consegnate in Italia le dosi che non sono state consegnate in questa settimana (pari al 29%) ma anche che ci sarà «una pur lieve ulteriore riduzione delle consegne», per dirla con le parole del Commissario, sono un nodo che va a complicare il puzzle della campagna di vaccinazione contro il Covid-19.
Ma non è l’unico: un altro tassello, che così come le dosi della multinazionale farmaceutica si avvia anch’esso nella direzione di uno slittamento, è quello dei 1.500 operatori tra medici e infermieri che, stando alle indicazioni dello stesso Arcuri, sarebbero dovuti “scendere in campo” a partire da oggi, 20 gennaio, per somministrare le dosi e, quindi, velocizzare l’operazione di immunizzazione della popolazione. Secondo fonti vicine al dossier, infatti, i primi “rinforzi” dovrebbero “entrare in azione” la settimana prossima, nella migliore delle ipotesi da lunedì 25. Nelle prossime ore dovrebbe essere definito il piano per lo smistamento dei medici e degli infermieri sul territorio.
I DATI DEL CONTAGIO
L’ipotesi di un accordo di solidarietà sui vaccini
Tasselli che, a una ventina di giorni dall’inizio della campagna vaccinale, costringono il governo – soprattutto il ritardo nella consegna dei sieri – a rivedere la distribuzione dei vaccini, rimodulando le consegne in modo che nessuna regione resti senza dosi e possa procedere con i richiami. Si rimette dunque mano al piano presentato a inizio dicembre in Parlamento dal ministro della Salute Roberto Speranza. L’esecutivo, si è appreso da ambienti di Governo e della struttura Commissariale per l’emergenza, ha attivato l’Avvocatura Generale dello Stato per valutare i diversi profili di responsabilità della casa farmaceutica in caso di inadempienza e le possibili azioni da intraprendere a tutela degli interessi del Paese e dei cittadini. Allo stesso, in occasione di un recente vertice con le regioni, l’esecutivo ha chiesto «un accordo di solidarietà per garantire i richiami a tutti».
Il rischio di uno slittamento della campagna vaccinale
Gli ennesimi ritardi nella consegna dei vaccini previsti da parte della multinazionale farmaceutica costituiscono un nuovo intoppo che rischia non solo di far slittare la campagna vaccinale di diverse settimane ma anche di creare più di qualche problema nella somministrazione della seconda dose per i richiami, prevista 21 giorni dopo la prima. In questo scenario, l’incontro tra il governo e le Regioni che si è svolto martedì 19 gennaio ha avuto l’obiettivo primario di evitare che vengano vanificati gli sforzi fatti finora, garantendo al milione e 200mila italiani che hanno già fatto il vaccino di poter fare anche il richiamo.
La resistenza delle regioni più “virtuose”
L’ipotesi di un “meccanismo di solidarietà” tra regioni – chi ha conservato più dosi ne cederebbe una parte a quelle che hanno somministrato di più senza tenere le scorte, la Campania e il Veneto su tutte – resta ancora in piedi, anche se tra i governatori una linea comune non c’è, con le regioni più virtuose che fanno resistenza e non accettano di essere penalizzate per aver rispettato le indicazioni date dallo stesso governo. In quella direzione sembrerebbe invece andare la proposta del governatore del Veneto Luca Zaia in base alla quale le seconde dosi devono essere «garantite da un magazzino nazionale» Tutti però hanno chiesto garanzie, come ha ribadito il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: le riduzioni «siano solo temporanee».