MILANO – Le quotazioni del petrolio volano sulla scia dell’accordo siglato ieri tra Opec e Russia sul taglio della produzione ma rallentano intorno a metà giornata dopo avere temporanemante anche invertito la rotta. Il Wti, dopo essere schizzato oltre i 25 dollari arretra ora del 2,42% a 23,21 dollari mentre il Brent è in lieve rialzo a 31,49 dollari. A spingere i listini anche le parole del presidente Usa Donald Trump, secondo cui il taglio sarebbe ben più massiccio delle cifre circolate nelle ultime 24 ore. “Avendo partecipato alle trattative, per usare un eufemismo, il numero” di barili di petrolio “che l’Opec+ sta programmando di tagliare è di 20 milioni di barili al giorno, non i 10 milioni che vengono generalmente riportati. Se qualcosa di simile a questo accade, e il mondo torna a fare affari dopo Covid 19….”, ha scritto su Twitter.
I contenuti dell’accordo
Numeri come detto diversi da quelli di cui si è parlato ieri, secondo cui l’Opec+, cioè il cartello dei Paesi Opec riunito con gli altri grandi produttori tra cui Russia e Messico, si sarebbe impegnato, a tagliare la produzione di 9,7 milioni di barili al giorno, meno dei 10 milioni inizialmente previsti ma in ogni caso la riduzione maggiore della storia. Nell’ambito del compromesso raggiunto il Messico avrebbe spuntato un’importante vittoria: ridurrà la sua produzione di 100.000 barili al giorno, molto meno di quanto chiesto all’inizio. Il Messico, secondo indiscrezioni, rivaluterà la sua posizione dopo due mesi dall’entrata in vigore dell’intesa.
Rep

Russia: “Accordo ha impedito il collasso dei prezzi”
Positive le reazioni che si registrano dalla Russia. L’intesa globale – ha spiegato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov – ha impedito che il mercato scivolasse nel caos e potrebbe favorire un supporto più o meno stabile alle dinamiche dei prezzi del greggio, ha aggiunto Peskov. Secondo quanto riferisce Reuters la produzione di petrolio russa nei primi 12 giorni di aprile è scesa a 11,24 milioni di barili rispetto alla media di marzo di 11,29 milioni di barili.
Le origini dello scontro
Ad innescare il terremoto sulle quotazioni del greggio, già indebolite dall’esplosione della pandemia di coronavirus con un prevedibile effetto di compressione della domanda internazionale, era stato proprio lo strappo a metà marzo tra Russia e Arabia Saudita, con Riad che aveva autonomamente deciso di ridurre il prezzo al barile e di aumentare la produzione. Una mossa che aveva fatto crollare le quotazioni del greggio di quasi 30 punti percentuali, un tonfo che non si vedeva dai tempi della guerra in Iraq.