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Perché Musk ha congelato l’acquisizione di Twitter

Mag 14, 2022

AGI – “Accordo temporaneamente sospeso”. Con un cinguettio, Elon Musk ha annunciato l’interruzionedi un percorso che sembrava lanciatissimo. Si dice ancora “ancora impegnato nell’acquisizione” di Twitter, ma il danno è già fatto: il titolo perde il 9%. Musk afferma di aver voluto una pausa per raccogliere maggiori dettagli sull’impatto di profili falsi e spam. Ma tempi e motivazioni della frenata non convincono del tutto e potrebbero rappresentare (anche) altro.

I falsi utenti di Twitter

Ancor prima di ricevere il via libera all’acquisto da parte del consiglio di amministrazione, Musk aveva indicato una delle sue priorità: “Batteremo lo spam o moriremo provandoci”, twittava il 21 aprile. È quindi innegabile che il tema gli stia a cuore. Ed è innegabile che lo conoscesse bene, anche perché (da anni) è di pubblico dominio. 

If our twitter bid succeeds, we will defeat the spam bots or die trying!

— Elon Musk (@elonmusk)
April 21, 2022

Nel suo tweet con cui ha annunciato la sospensione dell’affare, Musk rilancia un articolo di Reuters nel quale si stima che gli account fake sarebbero “meno del 5%”. Data di pubblicazione: 3 maggio. La fonte non è affatto riservata: il dato è contenuto nella trimestrale di Twitter, diffusa in quelle ore: “Abbiamo eseguito una revisione interna di un campione di account e abbiamo stimato che la media degli account falsi o spam durante il primo trimestre del 2022 ha rappresentato meno del 5%”.

Non solo: la società ammette che la stima sia basata su “ampia discrezionalità” e “potrebbe non rappresentare accuratamente il numero effettivo effettivo di account falsi o spam”, che quindi “potrebbe essere superiore”.

Il problema è serio, ma non è una novità

Twitter ha un serio problema di account falsi. Gonfiano la platea, ma rendono le interazioni meno significative e – di conseguenza – meno appetibili agli inserzionisti. Sapere quanti siano gli utenti reali è fondamentale, anche perché Musk ha obiettivi che definire ambiziosi è poco.

Nei documenti presentati agli investitori e rivelati dal New York Times, punta a quintuplicare il fatturato entro il 2028, a dimezzare la quota che arriva dalla pubblicità (da oltre il 90 al 45%). E, soprattutto: l’incasso medio per utente dovrebbe passare da 24,8 a 30,2 dollari. La platea complessiva è fondamentale. Ma è ancora più importante che sia composta da profili autentici, perché valgono più dollari degli altri.

Non è quindi in discussione l’importanza di individuare i fake ma il tempismo della dichiarazione. Nel 2017, una ricerca delle università di Southern California e Indiana ha stimato che i bot costituissero tra il 9 e il 15% degli account. Nel 2018, SparkToro, una società che sviluppa software applicati al marketing, ha stimato che circa la metà dei follower di profili molto seguiti (da Obama a Trump fino a Musk) fossero tarocchi. Insomma: il 5% di Twitter sembra sì molto conservativo, ma Musk non lo ha scoperto né oggi né all’inizio di maggio.

I fake sono solo un pretesto?

La domanda, a questo punto, è: gli utenti finti sono, almeno in parte, un pretesto? Niente certezze, ma da una parte c’è un fattore noto, che pare debole o, quantomeno, non sufficiente a bloccare un’operazione da 44 miliardi; dall’altra tanti buoni motivi per frenare.

Per raccogliere una cifra di queste dimensioni, anche l’uomo più ricco del mondo deve fare qualche sacrificio. Tra risorse personali, vendita di azioni Tesla, impegni di investitori e linee di credito, ha raccolto quasi tutto ciò che gli serve. Ma secondo Forbes, all’inizio di maggio gli mancavano ancora 3 miliardi.

Musk potrebbe pensare di rinegoziare l’accordo per spillare un prezzo più favorevole, anche perché le sue affermazioni e le sue mosse stanno contribuendo a ridurre il valore delle azioni di Twitter. È vero: ci perde anche lui, ma solo nella quota che, al momento, è già nelle sue tasche. La cifra che potrebbe risparmiare con un’offerta al ribasso potrebbe bastare per recuperare. Ipotesi improbabile ma non impossibile. 

I miliardi di motivi per rinunciare

Dal punto di vista strettamente finanziario, non mancano certo i motivi per rinunciare all’affare. In caso di passo indietro, Musk dovrebbe sborsare una penale da un miliardo. Visti la portata dell’acquisizione e il suo patrimonio, spiccioli. Attenzione però a possibili azioni legali e sanzioni: Twitter è ancora una società quotata e la disinvoltura con cui Musk si muove, parla e fa oscillare il titolo è attaccabile. È già successo: a metà aprile, un gruppo di azionisti di Twitter ha citato il patron di Tesla per non aver rivelato tempestivamente l’acquisto del 9,2% della società. 

Attenzione poi agli effetti collaterali su Tesla (e quindi sul portafogli del suo ceo). Da quando il cda di Twitter ha detto sì all’offerta, il titolo della società ha perso più del 20%, mentre nel giorno del congelamento causa utenti falsi guadagna più del 5%. Il messaggio è chiaro: il mercato teme un disimpegno, con energie dirottate dalla sua creatura più redditizia verso il social network.

Se la libertà di più complessa di Marte

Nulla, a oggi, è scontato. Il percorso verso l’acquisizione di Twitter potrebbe bloccarsi o essere più tortuoso del previsto. L’accordo attuale ha una scadenza: l’operazione decade se non viene chiusa entro il 24 ottobre, con una possibilità di estensione di altri sei mesi al verificarsi di particolari condizioni (ad esempio i dubbi delle autorità Antitrust o la necessità di controlli supplementari sulla provenienza dei capitali). Una cosa è certa: Elon Musk, l’uomo che vuole arrivare su Marte, conferma che gestire i social media e la libertà di parola online può essere più complicato che mandare un razzo nello spazio.

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