AGI – Cosa cambia per l’Italia dopo lo stop del vaccino di J&J? “Non cambia nulla. È una pausa necessaria voluta dall’agenzia americana del farmaco Fda per verificare l’origine dei sei casi di trombosi molto rare e particolari segnalati in Usa su 7 milioni di vaccinati”.
È quanto dichiara in un’intervista al Corriere della Sera Nicola Magrini, direttore dell’agenzia del farmaco Aifa. Per poi precisare: “Il sospetto è che siano simili a quelli osservati in Europa su 35 milioni di vaccinati. Sono episodi talmente infrequenti da essere ai limiti della valutabilità” ma “spero ci diano presto il semaforo verde”.
Magrini poi riferisce che “siamo in contatto con le agenzie europea Ema e con la Fda” e “confidiamo che si possa riprendere tra pochi giorni dopo l’acquisizione degli elementi necessari per meglio comprendere l’accaduto”.
Finora “la Fda ha adoperato il massimo della cautela, forse eccessiva ma che fa parte della migliore gestione di un’emergenza”, ma – assicura – “fino a questo momento i sistemi di farmacovigilanza non hanno rilevato eventi di rarissime trombosi cerebrali con riduzione di piastrine collegabili a vaccini prodotti con la tecnologia dell’Rna messaggero, appunto Pfizer e Moderna. Quindi è plausibile pensare che il fenomeno sia limitato ai vaccini sviluppati con piattaforme virali. Però non ci sono dati che mostrano segnali in questa direzione”.
Di “scelta responsabile” parla Guido Rasi, ex direttore dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema), microbiologo dell’università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico di Consulcesi, in un’intervista a la Repubblica. “Se gli Stati Uniti, il Paese in cui di fatto il vaccino è stato sviluppato, sospendono Johnson&Johnson, è chiaro che l’azienda preferisca fermare la distribuzione anche in Europa. Ma immagino che sarà uno stop breve”, dichiara.
Quindi si tratta di “un timore che va superato perché il rischio del Covid è molto più alto” in quanto “mille comportamenti che adottiamo ogni giorno sono più pericolosi del vaccino, dal salire in auto al prendere la pillola anticoncezionale”.
Poi Rasi rassicura: “Le sperimentazioni dei quattro vaccini approvati in Europa hanno seguito tutti gli standard di sicurezza. È normale che eventuali effetti avversi molto rari emergano quando si vaccinano milioni di persone. E mi pare che questi casi siano valutati con tutta l’attenzione che meritano” e il problema, semmai, “è che purtroppo chiunque sia in grado di produrre un vaccino ha, e avrà per molto tempo, spazio a volontà. Abbiamo 7 miliardi di persone da immunizzare, probabilmente anche con richiami ripetuti”, conclude l’ex direttore dell’Ema.
Ottimista ma molto cauto il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani e tra i più ascoltati esperti del Cts. “Intanto l’Fda ha preso una pausa e le agenzie federali già tra un giorno rivaluteranno la situazione”, dichiara.
Poi spiega: “Si tratta di meno di un caso per milione di vaccinati, un rischio molto basso rispetto al beneficio atteso. È presto per trarre conclusioni. La Fda ed i Cdc stanno analizzando i dati”, però – aggiunge subito dopo – “creare allarmismo è del tutto ingiustificato”.
Secondo il professor Ippolito “in questi giorni abbiamo imparato un nuovo acronimo, Vitt, ovvero Trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino, di cui sono stati segnalati un numero limitato di casi, una ventina dei quali fatali, a seguito di vaccinazione con AstraZeneca. La più accurata analisi rischi-benefici per fasce di età su questo vaccino l’ha fatta l’università di Cambridge. Ebbene, per uno scenario epidemiologico comparabile con quello attuale in Italia, tra i 60-69enni che non si vaccinano il rischio di finire in terapia intensiva è 640 volte maggiore di un evento avverso grave a seguito della vaccinazione”.
Quindi “la probabilità di vaccinarsi e di avere una trombosi è una su un milione mentre quella di non vaccinarsi e di contrarre il Covid è una su cento”, sostiene Ippolito, e “prima di passare a conclusioni generalizzate occorreranno studi di maggiori dimensioni”.
Per poi concludere: “Aggiungo che, in un’ottica di salute pubblica, lasciare tanta gente vaccinata a metà ci espone tutti al non trascurabile rischio di accelerare lo sviluppo di varianti virali”.