È ormai evidente che deve esserci da qualche parte un “protocollo Lollo”, in forza del quale uno dei migliori gaffeur che siano mai arrivati a governare il nostro paese debba manifestare le proprie capacità con un’ulteriore dimostrazione di bravura nel campo.
L’ultima del ministro Lollobrigida suona pressappoco così: “Per fortuna quest’anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare“.
Il ministro, nel chiedere scusa a chi “si è sentito offeso”, ha contemporaneamente buttato la cosa in caciara: “Agli sciacalli, che stanno provando a farne un caso, suggerisco invece di usare il proprio intelletto un pochino meglio”, così ha dichiarato; e noi, per non essere annoverati fra quelle simpatiche bestiole, proveremo appunto a usare le nostre scarse risorse intellettive per chiarire perché non sia una questione di suscettibilità e amor proprio quella che ha mosso i siciliani ad elevare le proprie proteste, quanto di sgomento di fronte all’ennesima, apparente ignoranza di come stiano le cose.
Dunque vediamo: intanto, cominciamo che dire che in Sicilia, come ha scritto il Quotidiano di quella regione, a causa della siccità si teme per quest’anno un disastro non solo per l’agricoltura in generale, ma specificamente per la viticoltura. Un settore che sta a cuore al ministro, come ha dimostrato con le sue parole in occasione del Vinitaly, dove tra l’altro il padiglione della Sicilia è quello che è stato più visitato dopo quello della regione ospitante, il Veneto.
Nel rapporto Ismea presentato a fine 2022, troviamo tutto quel che serve in fatto di numeri.
Innanzitutto, il numero di aziende vinicole, che è il secondo dopo la Puglia (altra regione del Sud, dove “per fortuna” si è limitata la siccità). La Sicilia risulta, con 99.000 ettari vitati, anche la seconda regione del “vigneto Italia” per estensione dopo il Veneto (100.000 ettari); di questi 99.000, 60.000 sono DOP e 15.000 IGP, cioè di particolare e riconosciuto pregio.
Sempre dallo stesso rapporto, ricaviamo poi che la Sicilia è la quarta regione d’Italia per produzione di uve e mosti (dati 2021), dopo Veneto, Puglia ed Emilia Romagna, con il 9 per cento della produzione nazionale.
Ma è quando si guarda al fatturato che arrivano i dati più interessanti. Quando il rapporto Ismea è stato scritto (a fine 2022, e quindi tenendo conto presumibilmente del fatturato 2021), le sole IGB imbottigliate valevano 226 milioni di euro, al quarto posto in Italia e davanti a regioni blasonatissime come, per dire, Toscana e Piemonte.
Se si vuole un dato più aggiornato, è utilissima l’analisi dettagliata effettuata dal prof. Sebastiano Torcivia, docente dell’università di Palermo: in quella troviamo che il fatturato complessivo per 2022 delle aziende siciliane che vendono vino è stato pari a 473,18 milioni di euro, con una crescita rispetto all’esercizio precedente del 13 per cento – in linea peraltro con gli ottimi segnali provenienti dall’ultimo Vinitaly e nonostante la pandemia.
Questo è un sintetico e certamente non esaustivo insieme di elementi che dovrebbe meglio far comprendere perché, quando qualche ministro inciampa nell’ennesima gaffe, scusandosi poi per la possibile “offesa” ai siciliani, la preoccupazione aumenta ancor più: non è un problema di amor proprio quello che tormenta gli abitanti delle regioni del sud, quanto il rischio di perdere a causa delle sempre più severe conseguenze del clima alterato il risultato del lavoro realizzato in un settore di eccellenza che non ha assolutamente nulla da invidiare a quanto il settore realizza nel resto d’Italia.
Certe gaffe non fanno ridere, ma piangere.