AGI – Con Jannik Sinner che sta percorrendo ad ampie falcate il cammino verso la vetta della classifica ATP (da lunedì, in caso di vittoria contro Alcaraz a Indian Wells potrebbe diventare numero il numero 2 del mondo) vale la pena di ricordare che un altro italiano, Nicola Pietrangeli oggi 90 anni, in un tempo lontanissimo, fra il 1959 e il 1961 è stato n.3 al mondo, così come Jannik oggi. Nicola stava vivendo la sua età dell’oro con la conquista di due titoli Slam (il Roland Garros nel ’59 e nel ’60) e un 1961 in cui vinse probabilmente la partita più straordinaria della sua carriera battendo a Torino (dove per festeggiare l’Unità d’Italia furono eccezionalmente disputati gli Internazionali) Rod Laver in finale lasciandogli la miseria di quattro game in tre set dopo aver perso il primo.
Il punto è che se Pietrangeli e Sinner sono due campionissimi assoluti sul cui valore tecnico (al netto della differenza abissale dei tempi) si può discutere all’infinito, la loro posizione nella classifica non può invece essere paragonata. Perchè Sinner si muove in un’epoca (iniziata nel 1973, quando è nata ATP) in cui la graduatoria viene stabilità ogni settimana (oggi almeno) in base a criteri fissi e immutabili legati al valore del torneo che si è disputato.
Quando Nicola dava spettacolo la “classifica” era una sorta di convenzione più umorale che altro, esposta a criteri completamente diversi fra un torneo e l’altro: e soprattutto veniva stilata essenzialmente a fine stagione da un giornalista inglese del “Telegraph” passato alla storia, Lance Tongay, che prendeva in esame i risultati dell’anno. Ma dato che i tabelloni di ciascun torneo venivano stilati da ciascun organizzatore spesso in base a criteri personali che comunque non erano omogenei con gli altri tornei, quelle classifiche possono essere prese in considerazione solo come un segno dei tempi, non come una statistica accettabile da raffrontare con quelle di oggi.
Quando c’erano i tabelloni col buco
Un episodio che tira in ballo proprio Nik Pietrangeli chiarisce bene quale era il mood dei tempi. Nel 1969 quando anche il mondo del tennis sobbolliva, Nik non aveva più titoli per essere considerato come testa di serie agli Internazionali d’Italia. Per dargli una possibilità di avanzare nel torneo gli organizzatori scombinarono le carte ricavando un “buco” in tabellone nel quale Pietrangeli avrebbe potuto, secondo loro, comodamente infilarsi per avanzare nel torneo. Ma chi aveva compilato il tabellone non conosceva il valore di Jan Kodes, grande giocatore cecoslovacco che sarebbe passato alla storia tre anni dopo per aver vinto l’edizione di Wimbledon segnata dal boicottaggio dei migliori giocatori, che Nik si trovò di fronte al secondo turno e da cui fu sconfitto dopo cinque set di battaglia. Una curiosità che però ben chiarisce a quali varianti fosse esposta la compilazione della classifica del tennis nell’epoca pre-open.
Va da sè che anche oggi la classifica ufficiale non stabilisce tutto: dal successo di Melbourne in poi i più sono ragionevolmente convinti che Sinner sia oggi il giocatore più forte in circolazione non il secondo o il terzo. La stessa classifica ATP potrebbe aver fatto il suo tempo: cresce il numero dei sostenitori della classifica ELO che un algoritmo stabilisce in base al valore dei giocatori affrontati e non a quello del torneo in cui si sta giocando. Di certo c’è che se la qualita’ del suo gioco e il livello dei suoi risultati resteranno quelli che si sono visti dall’ottobre scorso ad oggi la conquista della vetta potrebbe essere questione di mesi. O di settimane. Secondo ogni metodo di calcolo.
Calcoli che non interessano Sinner
Calcolo e calcoli che al momento non sembrano interessare l’azzurro che sta facendo sognare l’Italia: “Il ranking in questo momento è secondario per me. Non mi importa così tanto di finire n. 2 dopo questo torneo perché non è quello il senso per me e per la mia squadra” ha dichiarato dopo aver liquidato con un doppio 6/3 Lehecka. Ma è indubbio che la sfida in semifinale tra il 22enne nostrano e il quasi 21enne spagnolo ha un sapore epico: perché se Jannik, attuale numero 3 del mondo vincesse con quello che è il suo rivale ma anche il suo più caro amico del circuito gli soffierebbe il numero 2 del ranking, posizione privilegiatissima dalla quale, con Djokovic non al meglio, vedrebbe accorciarsi il cammino verso la vetta.
Classifica e confronti storici a parte, un incontro storico perché dopo sette precedenti tra i due ufficializza il cambio generazione rendendo strutturale la rivalità che sostituisce il binomio Sinner-Alcaraz ai Federer-Djokovic, Nadal-Djokovic e Nadal-Federer che hanno incollato alla tv per lunghi anni gli appassionati. I precedenti tra i due parlano di quattro vittorie a tre per l’azzurro, tra cui gli ultimi due match.
Ma sembra aver ritrovato una gran forma anche Alcaraz: nei quarti, oltre che delle api che avevano invaso il campo si è liberato prepotentemente di Zverev lasciando solo quattro game al tedesco che lo aveva estromesso dall’Australian Open nei quarti. A Indian Wells lo spagnolo ha perso sotanto un set, contro Matteo Arnaldi, mentre Sinner ha vinto tutti gli incontri in due set. Ma per stare più tranquillo rispetto al servizio non al meglio, subito dopo aver strapazzato Lehecka anziché riposarsi è andato a metterlo a posto con una sessione di allenamento.
AGI – Con Jannik Sinner che sta percorrendo ad ampie falcate il cammino verso la vetta della classifica ATP (da lunedì, in caso di vittoria contro Alcaraz a Indian Wells potrebbe diventare numero il numero 2 del mondo) vale la pena di ricordare che un altro italiano, Nicola Pietrangeli oggi 90 anni, in un tempo lontanissimo, fra il 1959 e il 1961 è stato n.3 al mondo, così come Jannik oggi. Nicola stava vivendo la sua età dell’oro con la conquista di due titoli Slam (il Roland Garros nel ’59 e nel ’60) e un 1961 in cui vinse probabilmente la partita più straordinaria della sua carriera battendo a Torino (dove per festeggiare l’Unità d’Italia furono eccezionalmente disputati gli Internazionali) Rod Laver in finale lasciandogli la miseria di quattro game in tre set dopo aver perso il primo.
Il punto è che se Pietrangeli e Sinner sono due campionissimi assoluti sul cui valore tecnico (al netto della differenza abissale dei tempi) si può discutere all’infinito, la loro posizione nella classifica non può invece essere paragonata. Perchè Sinner si muove in un’epoca (iniziata nel 1973, quando è nata ATP) in cui la graduatoria viene stabilità ogni settimana (oggi almeno) in base a criteri fissi e immutabili legati al valore del torneo che si è disputato.
Quando Nicola dava spettacolo la “classifica” era una sorta di convenzione più umorale che altro, esposta a criteri completamente diversi fra un torneo e l’altro: e soprattutto veniva stilata essenzialmente a fine stagione da un giornalista inglese del “Telegraph” passato alla storia, Lance Tongay, che prendeva in esame i risultati dell’anno. Ma dato che i tabelloni di ciascun torneo venivano stilati da ciascun organizzatore spesso in base a criteri personali che comunque non erano omogenei con gli altri tornei, quelle classifiche possono essere prese in considerazione solo come un segno dei tempi, non come una statistica accettabile da raffrontare con quelle di oggi.
Quando c’erano i tabelloni col buco
Un episodio che tira in ballo proprio Nik Pietrangeli chiarisce bene quale era il mood dei tempi. Nel 1969 quando anche il mondo del tennis sobbolliva, Nik non aveva più titoli per essere considerato come testa di serie agli Internazionali d’Italia. Per dargli una possibilità di avanzare nel torneo gli organizzatori scombinarono le carte ricavando un “buco” in tabellone nel quale Pietrangeli avrebbe potuto, secondo loro, comodamente infilarsi per avanzare nel torneo. Ma chi aveva compilato il tabellone non conosceva il valore di Jan Kodes, grande giocatore cecoslovacco che sarebbe passato alla storia tre anni dopo per aver vinto l’edizione di Wimbledon segnata dal boicottaggio dei migliori giocatori, che Nik si trovò di fronte al secondo turno e da cui fu sconfitto dopo cinque set di battaglia. Una curiosità che però ben chiarisce a quali varianti fosse esposta la compilazione della classifica del tennis nell’epoca pre-open.
Va da sè che anche oggi la classifica ufficiale non stabilisce tutto: dal successo di Melbourne in poi i più sono ragionevolmente convinti che Sinner sia oggi il giocatore più forte in circolazione non il secondo o il terzo. La stessa classifica ATP potrebbe aver fatto il suo tempo: cresce il numero dei sostenitori della classifica ELO che un algoritmo stabilisce in base al valore dei giocatori affrontati e non a quello del torneo in cui si sta giocando. Di certo c’è che se la qualita’ del suo gioco e il livello dei suoi risultati resteranno quelli che si sono visti dall’ottobre scorso ad oggi la conquista della vetta potrebbe essere questione di mesi. O di settimane. Secondo ogni metodo di calcolo.
Calcoli che non interessano Sinner
Calcolo e calcoli che al momento non sembrano interessare l’azzurro che sta facendo sognare l’Italia: “Il ranking in questo momento è secondario per me. Non mi importa così tanto di finire n. 2 dopo questo torneo perché non è quello il senso per me e per la mia squadra” ha dichiarato dopo aver liquidato con un doppio 6/3 Lehecka. Ma è indubbio che la sfida in semifinale tra il 22enne nostrano e il quasi 21enne spagnolo ha un sapore epico: perché se Jannik, attuale numero 3 del mondo vincesse con quello che è il suo rivale ma anche il suo più caro amico del circuito gli soffierebbe il numero 2 del ranking, posizione privilegiatissima dalla quale, con Djokovic non al meglio, vedrebbe accorciarsi il cammino verso la vetta.
Classifica e confronti storici a parte, un incontro storico perché dopo sette precedenti tra i due ufficializza il cambio generazione rendendo strutturale la rivalità che sostituisce il binomio Sinner-Alcaraz ai Federer-Djokovic, Nadal-Djokovic e Nadal-Federer che hanno incollato alla tv per lunghi anni gli appassionati. I precedenti tra i due parlano di quattro vittorie a tre per l’azzurro, tra cui gli ultimi due match.
Però l’anno scorso a Indian Wells nella semifinale gemella di quella di domani vinse in due set Carlos. Adesso lo spagnolo, forse per pretattica, (chi ha letto ‘Winning ugly’, vincere sporco di Brad Gilbert conosce i trucchetti psicologici per indebolire l’avversario, primo tra tutti quello di riempirlo di complimenti) sembra aver già alzato bandiera bianca: “Sicuramente questa è la partita più difficile che dovrò affrontare quest’anno – ha detto – non so proprio come affronterò il match. Lui è senza ombra di dubbio il miglior giocatore di tennis al momento. Sta giocando incredibilmente bene e non è ancora stato sconfitto quest’anno.. Per me sarà una grande sfida e vedremo se sarò in grado di affrontarlo. Ho perso le ultime due partite contro di lui, per cui dovrò cercare di adattare il mio gioco e vedremo come andrà”.
Ma sembra aver ritrovato una gran forma anche Alcaraz: nei quarti, oltre che delle api che avevano invaso il campo si è liberato prepotentemente di Zverev lasciando solo quattro game al tedesco che lo aveva estromesso dall’Australian Open nei quarti. A Indian Wells lo spagnolo ha perso sotanto un set, contro Matteo Arnaldi, mentre Sinner ha vinto tutti gli incontri in due set. Ma per stare più tranquillo rispetto al servizio non al meglio, subito dopo aver strapazzato Lehecka anziché riposarsi è andato a metterlo a posto con una sessione di allenamento.