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Maldini, che errore il no al Milan!

Ott 8, 2016

Xavier Jacobelli

sabato 8 ottobre 2016 10:08

MILANO – E’ un vero peccato che Maldini abbia detto no alla proposta di diventare direttore tecnico del nuovo Milan cinese. Almeno per ora, perché Han Li e Marco Fassone non hanno chiuso definitivamente la porta a Paolo e faranno il punto della situazione la settimana prossima in Cina. E’ un vero peccato ed è un peccato mortale perché Maldini è Maldini, un’autentica bandiera in un calcio che s’è venduto pure i pennoni. Maldini è sinonimo universale di classe, correttezza, stile. Egli incarna il vero spirito del Milan, amava dire Berlusconi quando parlava del Figlio di Cesare e gli brillavano gli occhi. Per questo, nessuno meglio di Maldini potrebbe recitare un ruolo fondamentale nell’anno uno dell’era post berlusconiana.

MONTOLIVO, LESIONE AL CROCIATO

GALLIANI – Come dicono a Milano, “Ofelè fa el to mesté”, pasticcere fa il tuo mestiere. L’esortazione è simpaticamente rivolta a chi si improvvisa esperto e cerca di fare ciò che non è esattamente in grado di fare. Rummenigge, per esempio, prima di diventare il Signor Bayern, ha lavorato in Sabener Strasse ricoprendo gli stessi ruoli proposti a Maldini e maturando esperienza nei diversi settori del club bavarese. Se, da grande, Paolo vuol fare il Galliani, ne ha piena facoltà: proprio per questo, potrebbe risultare molto proficua la gestione Formula Tre (decisamente, è questo il numero magico dell’ex terzino) che ha in testa Fassone con l’ex capitano della Nazionale e con Mirabelli. Nel nuovo Milan che nascerà entro la fine dell’anno, Maldini non dovrebbe fare il Galliani, ma il Maldini, come ha scritto il Corriere dello Sport-Stadio martedì 5 ottobre, anticipando la notizia della trattativa intavolata ormai da diverse settimane. Le sue competenze sarebbero suddivise fra l’area tecnica; il settore giovanile; il mercato; la rappresentanza politica del club in sede Fifa, Uefa, Eca, Figc, Lega; la cura del rapporto fra la squadra e la società; il ruolo di punto di riferimento assoluto per un gruppo che, tramontata l’era dei Veterani, ha un gran bisogno di un centro d’identità permanente.

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