Uno studio recentemente pubblicato sulla relazione tra politiche di mascheramento, test e incidenza di infezioni respiratorie virali nosocomiali rappresenta un’analisi rigorosa e dettagliata che smonta ogni dubbio sull’efficacia delle mascherine e delle misure preventive. Con oltre 641.000 ricoveri analizzati in dieci ospedali tra novembre 2020 e marzo 2024, i ricercatori hanno studiato quattro periodi distinti: il periodo pre–Omicron con mascheramento e test universali, la fase di predominanza di Omicron con le stesse misure, il periodo successivo alla loro cessazione e, infine, la fase di ripristino del mascheramento per il solo personale sanitario. I risultati numerici parlano chiaro e forniscono un quadro complesso, ma inequivocabile.
Durante il periodo pre-Omicron, con mascheramento e test universali, il rapporto settimanale medio tra infezioni nosocomiali e comunitarie era del 2,9 per cento, un livello contenuto che riflette il controllo efficace della trasmissione virale in ambiente ospedaliero. Durante la predominanza di Omicron, questo rapporto è salito al 7,6 per cento, un aumento dovuto alla maggiore trasmissibilità del ceppo, pur mantenendo le misure preventive. Tuttavia, quando queste misure sono state abbandonate, il rapporto è balzato al 15,5 per cento, segnalando un aumento significativo delle infezioni ospedaliere. Questo incremento corrisponde a un rischio relativo aggiustato del 25 per cento rispetto al periodo precedente, evidenziando l’impatto della cessazione delle misure universali. Il ripristino del mascheramento per il personale sanitario ha portato il rapporto a ridursi all’8 per cento, mostrando una diminuzione del 33 per cento delle infezioni nosocomiali, ma senza tornare ai livelli iniziali, un dato che riflette l’incompletezza delle misure adottate.
Analizzando i singoli virus, si nota una variazione significativa nella loro incidenza in risposta alle politiche adottate. Per il Sars-Cov-2, che rappresentava la maggior parte delle infezioni nosocomiali durante tutti i periodi, i casi sono diminuiti dal 97,1 per cento del periodo pre-Omicron al 59,1 per cento nella fase finale, quando il mascheramento era limitato al personale sanitario. Questo calo percentuale è tuttavia relativo, poiché il numero assoluto di casi di infezione ospedaliera è rimasto elevato durante il periodo senza misure, riflettendo un aumento della diversificazione delle infezioni virali.
Per quanto riguarda l’influenza, i casi nosocomiali sono aumentati dallo 0,4 per cento durante il periodo pre-Omicron al 7,0 per cento dopo la cessazione delle misure preventive, per poi raggiungere il 32 per cento dopo il ripristino del mascheramento per il personale sanitario. Questo aumento apparente, anch’esso influenzato dalla stagionalità, sottolinea che il controllo dell’influenza richiede misure più ampie, che includano il mascheramento universale e altre strategie preventive.
Passando al virus respiratorio sinciziale (Rsv), durante il periodo Omicron con misure universali, i casi di Rsv rappresentavano il 2,1 per cento delle infezioni nosocomiali. La cessazione delle misure ha visto questa percentuale salire al 6,6 per cento, mostrando chiaramente l’effetto protettivo delle politiche precedenti. Dopo il ripristino del mascheramento per il personale sanitario, la percentuale è aumentata ulteriormente al 13,8 per cento. Questo dato potrebbe sembrare controintuitivo, ma trova spiegazione nel fatto che il periodo coincideva con un picco stagionale per l’Rsv, un virus noto per la sua alta trasmissibilità. Inoltre, il mascheramento limitato al personale sanitario non è sufficiente a bloccare completamente la trasmissione di un virus che può diffondersi attraverso pazienti e visitatori.
Questi risultati dimostrano che le mascherine sono uno strumento efficace per ridurre la trasmissione virale nosocomiale, ma la loro efficacia dipende dall’applicazione universale e sistematica. I dati per il Sars-Cov-2, l’influenza e l’Rsv riflettono tutti la stessa conclusione: le misure preventive devono essere complete per avere un impatto significativo. Eppure, nonostante l’evidenza schiacciante, ci sarà sempre chi preferirà ignorare i numeri per abbracciare narrazioni meno faticose da sostenere. Ma, come si suol dire, contro i dati la retorica vacilla: chi sceglie di ignorare questi risultati ha evidentemente deciso che la realtà non è di suo gradimento.