di Alberto Dalla Palma
domenica 6 maggio 2018 09:00
Per poco meno di un’ora lo scudetto più combattuto degli ultimi anni era tornato in ballo. A Napoli stavano cantando di nuovo quando uno dei primi obiettivi del club, Simone Verdi, ha segnato il rigore dell’1-0 allo Stadium. Juve in ginocchio, incredula e quasi inoffensiva, addirittura distratta se consideriamo come si è sviluppata l’azione che aveva portato il Bologna al tiro dal dischetto. Una leggerezza di Buffon, un’imprudenza di Rugani e il fallo su Crisetig (più da rosso che da giallo): non era passata neanche mezz’ora della prima partita da match point per la Juve, ci aspettavamo tutti una reazione degna della squadra di Allegri, quella che aveva ribaltato il Real a Bernabeu oppure l’Inter nella sua tana, invece il nulla. Fino a quando non è entrato Douglas Costa, l’uomo in più di un gruppo che sta bruciando l’ultimo litro di benzina che gli è rimasto, quel litro che servirà in finale di Coppa Italia mercoledì contro il Milan e poi nell’ultima di campionato contro il Verona (retrocesso) nel caso in cui il Napoli, nel frattempo, avesse viaggiato a punteggio pieno e a Roma con i giallorossi fosse andata male.
Il brasiliano ha dato un ritmo alla partita che il Bologna non ha retto. Uno, due, tre scatti e la Juve ha segnato una, due, tre volte: autogol di De Maio, lampo di Khedira (con un sospetto spintone a Keita) e rasoiata di Dybala nell’unico lampo di una notte molto grigia. Douglas Costa si è inventato la nuova partita della Juve, quella del settimo scudetto consecutivo e quella che ha spento il canto dei napoletani, pronti a riempire il San Paolo per rendere onore alla squadra di Sarri contro il Torino. Un amore infinito, un amore meritato. Domenica decisiva per la corsa Champions (Roma, Lazio e Inter in corsa per due posti) e per la salvezza (Chievo, Spal, Cagliari, Crotone e Udinese in lotta per evitare l’ultimo posto accanto a Benevento e Verona). Comunque vada, solo in Italia ci si diverte (e si soffre ancora).