AGI – L’ex sindaco di Riace Domenico Lucano è stato condannato a un anno e sei mesi, pena sospesa, dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria. In primo grado era stato condannato a 13 anni e due mesi. Anche la Procura generale aveva chiesto per Domenico Lucano una condanna pesante, a 10 anni e 5 mesi, ma i giudici hanno deciso diversamente.
L’ex sindaco di Riace Domenico Lucano, condannato solo per il reato di abuso d’ufficio, ha preferito attendere l’esito del processo a casa sua, e la sentenza è scaturita dopo oltre sei ore di camera di consiglio. I suoi sostenitori hanno festeggiato la sentenza, dentro e fuori dall’aula della Corte d’Appello di Reggio Calabria, con abbracci e scroscianti applausi.
L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari, aveva chiesto per Lucano la condanna a 10 anni e 5 mesi di reclusione. Con Lucano, dinanzi ai giudici d’Appello di Reggio Calabria (presidente Elisabetta Palumbo, a latere, Davide Lauro e Massimo Minniti), rispondevano anche 17 suoi collaboratori, indagati per la gestione del sistema di accoglienza fondato, con l’accusa di avere utilizzato i fondi destinati all’accoglienza dei migranti, per “trarre personali vantaggi economici” e, inoltre, dovevano rispondere a vario titolo, di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
Nel corso del dibattimento d’Appello, i difensori di ‘Mimmo’ Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, europarlamentare del Pd, avevano affermato che la posizione di Lucano fosse una “innocenza documentalmente provata” poiché l’agire dell’ex sindaco di Riace “era in linea con quanto riportato nei manuali Sprar, cioè, l’accoglienza e l’integrazione“. Secondo Daqua e Pisapia, ancora, “non c’è una sola emergenza dibattimentale, comprese le intercettazioni, dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l’agire del Lucano sia stato diverso”.
I difensori di Lucano nel corso del dibattimento avevano posto in evidenza “l’uso smodato delle intercettazioni telefoniche, conferite in motivazione nella loro integralità attraverso la tecnica del copia/incolla”. Con queste motivazioni, Daqua e Pisapia, nei loro interventi finali in Appello, avevano chiesto alla Corte di “ribaltare la sentenza di primo grado del Tribunale di Locri, che aveva definito ‘Mimmo’ Lucano il “dominus indiscusso” del sistema messo in piedi a Riace per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti”.
I giudici d’Appello hanno altresì ridotto sensibilmente le condanne a carico di 17 collaboratori di Lucano: Maria Taverniti, un anno; Giuseppe Amendolia, assolto; Nicola Audino, assolto; Assan Balde, assolto; Ferdinando Antonio Capone, assolto; Oberdan Pietro Curiale, assolto; Cosimina Ierinò, assolta; Oumar Keita, assolto; Anna Maria Maiolo, assolta; Cosimo Damiano Misuraca, assolto; Salvatore Romeo assolto; Maurizio Senese, assolto; Lemlen Tesfaun assolta; Fimon Tesfaun, assolto, e Jerry Cosimo Ilario Tornese, assolto.