ROMA – Un’Europa che unisca e che non divida, “meno burocratica e più democratica”, che assicuri regole certe e trasparenti. “L’Europa deve crescere con un disegno strategico comune che punti alla crescita di tutti”, dice il presidente dell’Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli, nella Relazione per l’Assemblea Annuale, stamane a Roma. E questo significa anche Unione Bancaria, ma “con regole identiche per far funzionare correttamente il mercato unico integrato delle banche e della finanza, per garantire, senza eccezioni, l’uguaglianza delle condizioni di partenza della concorrenza”. E così finora non è stato: “All’Italia – ricorda Patuelli – non è stato permesso dalle autorità europee di adottare strumenti di smaltimento dei crediti deteriorati prima introdotti in altre parti d’Europa”. Niente veti, ribadisce l’Abi, sull’Unione Bancaria: “Dopo l’entrata in vigore della Vigilanza unica e del meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie è inammissibile che qualcuno metta il veto sulla realizzazione del ‘terzo pilastro’ dell’Unione bancaria, l’assicurazione europea dei depositi”. Se questi veti dovessero permanere, obietta Patuelli, potrebbero “essere ridiscusse tutte le altre basi su cui poggia l’Unione bancaria, come quelle che hanno creato problemi all’Italia”. E in tema di veti, il presidente dell’Abi ribadisce la richiesta che venga rivista al più presto la normativa sul bail in: “E’ incostituzionale”.
Al termine dell’Assemblea Patuelli è stato eletto per acclamazione presidente dell’Associazione bancaria per il prossimo biennio. Il Consiglio ha anche eletto 5 vice presidenti e il nuovo Comitato esecutivo. Sono stati eletti vice presidenti, Marina Natale, vicario, (vice direttore generale UniCredit), Guido Rosa (presidente Aibe – Associazione fra le Banche Estere in Italia), Corrado Sforza Fogliani (presidente Associazione fra le Banche Popolari), Massimo Tononi (presidente Banca Monte dei Paschi di Siena), Camillo Venesio (amministratore delegato e direttore generale Banca del Piemonte).
Un calmiere per i troppi contributi a carico delle banche. Il presidente dell’Abi ricostruisce le vicende degli ultimi mesi: “Le banche in Italia, prima dell’Unione bancaria e della Vigilanza unica, hanno affrontato le crisi con la regia della Banca d’Italia e con le risorse esclusivamente private del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi”. E, a differenza di altri Paesi, “non hanno avuto negli scorsi anni i cospicui ‘aiuti di Stato’ frequenti altrove, e nell’autunno scorso hanno sopportato i costi morali ed economici di cavillose interpretazioni burocratiche della Commissione Europea che hanno impedito i meno onerosi e meno iniqui interventi già decisi dal Fondo interbancario”. La vicenda è nota, fino alla costituzione del Fondo Atlante. Ma, proprio per il peso sostenuto finora, Patuelli chiede “un calmiere anche per l’onerosità a carico delle banche per la contribuzione ai numerosi fondi anche obbligatori europei, soprattutto a quelli ai quali l’Italia non ricorre”.
Rivedere il bail in. Il presidente dell’Abi ribadisce ancora una volta la necessità che “sia rivista al più presto la normativa sulle risoluzioni e sul bail in” delle banche, “innanzitutto per ciò che contrasta con la Costituzione italiana”. Anche perché “innovative iniziative private come il Fondo Atlante e il rinnovato ramo volontario del fondo interbancario, con interventi preventivi, partecipativi e non più a fondo perduto, prevengono i rischi di altre eventuali (e più costose per tutti) risoluzioni e respingono ogni ipotesi di bail in”.
Una “trasparenza semplice”. Il presidente dell’Abi stigmatizza anche i troppi vincoli patrimoniali e burocratici ai quali le banche sono sottoposte in Europa, e che non favorisce certo la trasparenza. “Occorre semplificare e non più eccedere nella crescita esponenziale delle normative bancarie: le regole di Basilea 1 erano scritte in 35 pagine, quelle di Basilea 2 in 347, mentre per Basilea 3 si impiegano 2000 pagine più altre 2.500 di più complesse regole tecniche. Tutto ciò non favorisce l’indispensabile ‘trasparenza semplice’. Non dovrà esistere una ‘Basilea 4’ che incrementi ancora le soglie patrimoniali e le burocrazie”.
Presto un codice etico dei prodotti d’investimento. “Trasparenza semplice” significa invece fare in modo, dice Patuelli, che “ciascuno, con prospetti identici in Europa, sia pienamente consapevole e responsabile delle proprie scelte di investimento”. In particolare in Italia, aggiunge il presidente dell’Abi, “lavoriamo anche per un ‘codice etico’ condiviso con le rapprentanze sindacali nazionali, sulle vendite dei prodotti finanziari, perché vengano sempre osservate le migliori regole”.
E’ il momento di investire: “Se non ora quando?”. Tuttavia, al di là dei problemi e dei vincoli, il momento è favorevole per una svolta, assicura Patuelli: “Le banche in Italia non si sono fermate di fronte alle emergenze: con i mutui sono protagoniste dell’inizio di ripresa del mercato immobiliare che era il più in crisi. Crescono anche i prestiti di vario genere: ora sono le banche che sollecitano le imprese a effettuare nuovi investimenti. Vi sono condizioni irripetibili per gli investimenti e la ripresa: è il momento di investire. Se non ora, quando?”.
In Italia non c’è un eccesso di banche e sportelli. Replicando alle polemiche periodiche sul presunto eccesso di banche e sportelli in Italia, Patuelli osserva che “Il numero delle banche italiane si è assai ridotto: il mondo del Credito cooperativo sta andando soprattutto verso un grande gruppo bancario cooperativo. I dipendenti bancari in Italia sono meno della metà di quelli della Germania e inferiori di un quarto a quelli della Francia. Il totale dell’attivo dei primi cinque gruppi rappresenta il 47% del mondo bancario in Italia (senza contare le fusioni in preparazione), mentre in Germania è del 32%. Anche confrontando il numero delle banche con quello delle imprese in genere, in Italia ci sono molte meno banche che in Germania e meno della metà rispetto alla popolazione. Per gli sportelli le statistiche sono continuamente superate dai fatti: l’Italia ne aveva circa 30.000, in rapida, continua ulteriore riduzione, mentre 35.000 erano in Germania, 37.000 in Francia e 32.000 nella meno popolata Spagna”.