AGI – Parte da Napoli la riscossa italiana dell’ecommerce. BrandOn Group eccellenza tech Made in Italy, che aiuta i brand a vendere di più e meglio sui marketplace, ha comprato ASD, azienda francese leader del settore. Il risultato è un polo europeo per il digital export che vale già 70 milioni di fatturato.
Un’operazione, sostenuta anche dagli investimenti di CDP Venture Capital, Credem Private Equity e Primo Ventures, che entra di diritto nello storytelling delle ex startup italiane che diventano grandi e guardano all’estero per internazionalizzare.
AGI ha incontrato Vincenzo Pompa, amministratore delegato dell’azienda partenopea, all’indomani della chiusura dell’accordo.
Prima di tutto, come mai Napoli?
Riteniamo che il Sud Italia troppo spesso venga descritto solo attraverso i suoi aspetti problematici. Noi invece abbiamo voluto scommetterci, ritenendolo un territorio fertile e con grandi potenzialità. Per questo abbiamo scelto Napoli, con la volontà di creare un vero e proprio hub di sviluppo, un polo strategico per il digital export che rappresenti un riferimento a livello europeo. Mantenendo fermo tale macro-obiettivo, la sede napoletana contribuisce anche al cosiddetto “rientro dei cervelli” dall’estero, in particolare al ritorno dei giovani talenti del Sud Italia, che già oggi rappresentano una componente rilevante, numericamente e qualitativamente, dell’organizzazione BrandOn, di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’intero Gruppo.
L’acquisizione di ASD cosa significa per BrandOn Group?
Sebbene ASD rimanga una società separata, la sua acquisizione ci permette di accelerare la nostra crescita a livello internazionale, espandendo il nostro mercato grazie all’unione sinergica delle competenze e tecnologie proprietarie, così da conquistare una posizione dominante nel mercato dei marketplace. In particolare, ASD è un’azienda focalizzata sull’erogazione di servizi Business to Consumer (B2C) tramite marketplace, che significa gestire il cliente finale attraverso store proprietari aperti su oltre 50 marketplace internazionali. Ciò è reso possibile da un’eccellente capacità di ottimizzare le scelte relative a quali prodotti vengono messi in vendita, dove e a che prezzo, grazie a un sofisticato algoritmo proprietario sviluppato e perfezionato in oltre 15 anni di attività (piattaforma di “prezzo dinamico”) funzionante su tutti i principali marketplace a livello internazionale. Al prezzo dinamico si associa un servizio di integrazione logistica con tutti i marketplace e un attento servizio di Customer care. La competenza B2C e le capacità tecniche specifiche rafforzano e integrano il know how digitale di BrandOn, ad oggi prevalentemente focalizzata su servizi Business to Business (B2B).
Decidere di cominciare a operare nel campo dei marketplace 10 anni fa significa aver avuto una vera intuizione. Il mercato vi ha dato ragione…
Decidere nel 2012 di lavorare con e per i marketplace, investire in piattaforme digitali dedicate, creare una squadra specializzata, significa, in effetti, essere stati visionari. Nel 2012, ciò che oggi è evidente, conosciuto e utilizzato da tutti, era assolutamente agli albori, quello dei marketplace era un mercato emergente e di nicchia, sconosciuto ai più. Ancora oggi il mercato che ruota attorno ai marketplace ha un grande potenziale inespresso. La pandemia, modificando le abitudini di acquisto dei consumatori, ha fatto registrare un’enorme crescita, ma oggi il settore continua ancora a crescere a un ritmo elevato. Secondo gli ultimi dati (ricerca Enterprise Marketplace Index di Mirakl), la crescita delle vendite nei marketplace nel 2021 è del 25% , mentre l’ecommerce è cresciuto “solo” del 12%. Di fatto i principali marketplace sono diventati dei motori di ricerca, l’ambiente virtuale di riferimento per gli acquisti, anche solo per effettuare comparazioni qualitative e valutazioni di prezzo. Sono loro ad aver completamente ridefinito le regole dell’ecommerce, sia per il cliente finale (garantendo livelli di servizio e di esperienza elevatissimi) che per le aziende che vogliono cimentarsi con il mercato digitale.
Quali sono i principali problemi di un’azienda che vuole internazionalizzare attraverso il commercio digitale?
I marketplace rappresentano un metodo veloce per internazionalizzare il proprio business e farsi conoscere all’estero. In poco tempo e con investimenti relativamente bassi, infatti, si può accedere ai principali mercati esteri tramite la presenza sui marketplace, dai più popolari e generalisti a quelli più verticali e specialistici, a seconda delle caratteristiche del proprio prodotto/servizio e in relazione agli obiettivi che ci si prefigge. Con poco sforzo si ha la possibilità di raggiungere velocemente mercati che, con un modello di go to market “tradizionale”, richiederebbero molto più tempo e costi di avviamento elevati; inoltre, ci si può avvalere della scalabilità delle piattaforme e delle iniziative in relazione agli effettivi traguardi raggiunti. A seconda degli obiettivi aziendali, in termini di target da raggiungere, presenza geografica, crescita del fatturato e dei volumi, è anche possibile lanciare alternativamente le modalità B2C e/o B2B.
I marketplace sembrerebbero la panacea dell’ecommerce, è davvero così?
Bisogna fare attenzione, perché non è comunque una passeggiata avviare un progetto di internazionalizzazione tramite marketplace, e talvolta improvvisare può comportare grandi investimenti di tempo e di soldi con ritorni economici non in linea con le aspettative. Sono infatti necessarie analisi preliminari per valutare se un prodotto/servizio può essere attrattivo su questi canali. Bisogna innanzitutto individuare il canale di vendita più adatto in relazione alla propria offerta di beni o servizi e ai mercati che si vogliono raggiungere, studiando la storicità delle vendite di prodotti simili in modo non solo da coglierne il potenziale, ma anche da individuare la competizione esistente; è inoltre importante conoscere bene le funzionalità offerte dal marketplace per valorizzare al meglio la propria presenza, facendo particolare attenzione ai costi correlati. A questo punto si può procedere a costruire il proprio account, associandovi le forme di promozione e pubblicità più performanti all’interno del marketplace. Andranno poi organizzati logistica, trasporti, processi di comunicazione con i clienti e di vendita dei prodotti, oltre che monitorati gli indici di performance. Operativamente, poi, ci sono poi delle “barriere” oggettive: bisogna disporre di almeno una partita IVA nel paese di interesse, pubblicare i contenuti (schede prodotto) in lingua, integrare i diversi sistemi di pagamento e gestire una logistica o distribuzione internazionale. Conviene comunque sempre gestire le attività in modo graduale e progressivo valutando i ritorni effettivi per poi ragionare eventualmente su un loro ampliamento successivo.
Come è cambiato in questi anni il settore del commercio online?
Già prima della pandemia, l’ecommerce, anche in Italia, stava crescendo a ritmi sostenuti, seppur in ritardo rispetto alle medie europee, e stava consolidandosi in un ruolo sempre più rilevante nel mercato del retail italiano. Il Covid e le relative restrizioni hanno fornito una straordinaria accelerazione al digitale, che ha coinvolto tutto il mondo del commercio: da un lato è cambiata la percezione dei retailer “tradizionali”, che hanno dovuto velocemente comprendere l’importanza dell’integrazione tra canale fisico e online e dei benefici dell’omnicanalità; dall’altro sono cambiate le aspettative ed esigenze dei consumatori, che sempre più ricercano nel mondo fisico l’esperienza digitale in termini di flessibilità, velocità, efficienza. Questi cambiamenti non hanno coinvolto solo le grandi aziende, ma anche e soprattutto le PMI, che hanno forzatamente dovuto confrontarsi con i modelli ecommerce. C’è chi si è avvicinato per la prima volta all’ecommerce, chi ha provato a lanciare nuove modalità di vendita, chi ha migliorato il servizio esistente grazie a nuove collaborazioni e integrazioni. Da tutto questo sono derivati importanti cambiamenti che non accennano a ridursi o rallentare: sperimentazione di nuove modalità di vendita, quali il social commerce; innovazione e potenziamento di tutta la filiera logistica e distributiva, focalizzata a migliorare l’esperienza finale del cliente; potenziamento e nascita di nuove iniziative ecommerce; consulenze digitali sempre più professionali e customizzabili. La fase di riapertura dei negozi fisici non ha fermato la spinta verso l’innovazione dei retailer, che hanno piuttosto portato alla luce iniziative mirate a rendere l’esperienza in negozio sempre più simile a quella online.
Quali sono le nuove frontiere da esplorare?
Gli ultimi trend dimostrano che la crescita dei marketplace attrae maggiori investimenti in ADV: bisognerà dunque adeguarsi a nuovi formati di comunicazione legati alle tecnologie Voice, Audio e Video; inoltre, secondo gli ultimi dati (Statista) il 70% dell’accesso ai siti web a livello globale è effettuato via smartphone: i consumatori con i dispositivi mobili sono sempre attivi, e bisognerà dunque sviluppare una user experience adeguata. Anche l’approccio alla sostenibilità è un tema sempre più importante sia per le aziende che per i consumatori.
Progetti futuri per BrandOn Group? Si può dire qualcosa dei prossimi passi?
L’operazione appena conclusa rappresenta il primo passo di una ben definita strategia di sviluppo, che prevede non solo un’accelerazione della crescita e un consolidamento della posizione di mercato rispetto ai competitor, ma anche l’internazionalizzazione dell’azienda. Abbiamo recentemente individuato una nuova potenziale azienda target in UK e abbiamo dei consulenti attivi nello scouting di aziende in Germania. L’obiettivo è infatti continuare a crescere a livello europeo, sia in modo organico che tramite ulteriori acquisizioni, al fine di conquistare competenze, dimensioni e presenza geografica uniche a livello europeo. Vogliamo raggiungere una posizione dominante in un mercato, quello dei marketplace, che, come si è visto, continua a crescere a ritmi elevatissimi.