AGI – L’ammirazione per il popolo cinese, la missione di pace di Zuppi che andrà avanti a Pechino, la “mistica del terzo vicino” della Mongolia che la favorisce nel dialogo tra Cina e Russia. E ancora: la precisazione sulle parole rivolte ai giovani cattolici russi e il degrado delle periferie in Italia e nel mondo al quale i governi devono rispondere con la “vera giustizia sociale”.
Sono i temi toccati da Papa Francesco sul volo che da Ulan Bator lo ha riportato a Roma, concludendo così la sua 43esima visita apostolica internazionale. E riguardo ai viaggi futuri, alla possibilità di andare in Vietnam, dove i cattolici desiderano la sua presenza, ha risposto con una battuta: una visita “sicuramente ci sarà perché il Vietnam è una terra che merita”, “se non andrò io, andra’ Giovanni XXIV…”. E poi ha aggiunto: “Vi dico la verità: per me fare un viaggio adesso non è molto facile come all’inizio. Ci sono limitazioni, nel camminare… questo limita… vediamo”.
Dopo le aperture alla Cina, nonostante il divieto di Pechino ai vescovi e ai sacerdoti di recarsi a Ulan Bator per la visita del Papa, d’obbligo la domanda sui rapporti tra Santa Sede e Cina. “Personalmente ho una grande ammirazione per il popolo cinese” e “ho un grande rispetto”, ha confermato Francesco sottolineando “il dialogo” esistente, “una strada amichevole” tracciata dal “bel lavoro” portato avanti anche dalla Commissione presieduta dal cardinale Pietro Parolin. “I rapporti sono in cammino” ma “dobbiamo andare più avanti sull’aspetto religioso per capirci di più”. Come andrà avanti la missione di pace per l’Ucraina che portera’ il cardinale Zuppi a Pechino, anche se ancora non si sa quando.
L’esperienza in Mongolia
Sul viaggio appena terminato, il Pontefice ha espresso soddisfazione dei risultati ribadendo che la scelta di visitare la “piccola comunità cattolica” era anche per entrare “in dialogo con la storia e la cultura dei popoli, con quello che è la propria mistica di un popolo” e “accompagnare la Chiesa nel suo cammino con molto rispetto per la cultura”.
“È importante che l’evangelizzazione – ha detto – non vada concepita come proselitismo” perché “il proselitismo restringe sempre e Papa Benedetto aveva affermato che la fede non cresce per proselitismo ma per attrazione”. La Mongolia, ha continuato, ha “una ricchezza”, “una cosa molto interessante” che favorisce il dialogo e “mi permetto di chiamarla la mistica del terzo vicino”.
Essa permette alla Mongolia di dialogare con i terzi vicini, le due grandi potenze, Russia e Cina, “non per disprezzo” ma “per l’ansia di universalità, far vedere i propri valori a tutto il mondo” e anche ricevere dagli altri il dialogo.
Francesco ritorna anche sulle sue parole pronunciate davanti ai giovani cattolici russi. Parole sull’imperialismo, la Grande Russia, che hanno suscitato polemiche e irritato l’Ucraina. “La cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto bella e non va cancellata per problemi politici“, ha sottolineato spiegando di non aver pensato all’imperialismo ma “alla trasmissione della cultura” e di aver ripetuto al termine dell’incontro, ciò che lui ripete sempre ai giovani, ossia “farsi carico della propria eredità”.
“Per esplicitare il concetto dell’eredita’ ho parlato della Grande Russia perché la sua eredità è molto bella, pensate al campo delle Lettere, al campo della musica, fino ad arrivare a Dostoevskij che oggi ci parla di un umanesimo maturo”. Le mie espressioni forse non sono state felici, ha continuato, ma “mi è venuto in mente quello che ci hanno insegnato a scuola: Pietro I, Caterina II…”. Farsi carico della propria eredità quindi, “quella della cultura russa” e “la trasmissione della cultura mai è imperiale”.
Le periferie italiane
A chi gli chiede, riferendosi ai recenti fatti di cronaca a Palermo e a Napoli (don Patriciello ha invitato il Pontefice a Caivano, ndr) su cosa possano fare i governi per superare le sofferenze e il degrado delle periferie, Francesco ha risposto: “Dobbiamo interloquire con le periferie e i governi devono fare giustizia sociale, la vera giustizia sociale” e ha ricordato quanto fatto dai sacerdoti nelle baraccopoli di Buenos Aires.
“Bisogna andare avanti, andare lì e lavorare lì”. “Tutti i governi del mondo devono essere aperti a questo”. “Il mondo delle periferie non è facile”, ha aggiunto. “Un filosofo una volta ha detto che la realtà si capisce meglio dalle periferie. Dobbiamo interloquire con le periferie”. E parlando delle “tragiche” periferie del mondo ha citato quella dei Rohingya, “periferia scandalosa che si cerca di coprire”. “Non sono cristiani, sono musulmani e soffrono perché sono stati convertiti in periferia. Sono stati cacciati via”.