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Papa Francesco all’Aquila: “La pace si costruisce attraverso il perdono ricevuto e donato”

Ago 28, 2022

AGI – Dopo la pioggia di ieri e la fitta nebbia che ha costretto l’elicottero papale a cambiare il luogo di atterraggio, il sole sbuca prepotente sull’Aquila per salutare Papa Francesco che ha aperto la Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio dando il via alla Perdonanza Celestiniana. È il primo Pontefice a farlo.

Nel capoluogo che ancora vive le drammatiche ferite del sisma del 2009 che provocò oltre 300 morti e 1.600 feriti, Bergoglio ha invitato al perdono (“L’Aquila sia davvero capitale di perdono, di pace e di riconciliazione!”), ha pregato per la pace in Ucraina e nel mondo, ha sottolineato la necessità di un “impegno lungimirante” per la ricostruzione della città e ha denunciato le “tante, troppe vittime” nelle carceri.

Piazza Duomo e il piazzale della Basilica di Santa Maria di Collemaggio dalle prime ore del mattino sono gremite di fedeli e pellegrini per festeggiare un giorno speciale, quello della Perdonanza, quel perdono che Celestino V ha lasciato alla città 728 anni fa. Un rito solenne e simbolico alla pace tra tutti i popoli che oggi come ieri rappresenta un’esigenza vitale in un panorama geopolitico scandito da guerra e morte. La visita di Francesco nel capoluogo abruzzese dura poco più di quattro ore.

In piazza lo attendono anche i familiari delle vittime del terremoto del 2009 e una delegazione di 21 tra detenuti ed ex detenuti delle carceri di Avezzano, Sulmona, Chieti e Pescara. Sul palco allestito per l’occasione, campeggiano striscioni con le scritte tratte dalle sue frasi (“Il perdono è un diritto umano”, “Il mondo ha bisogno di pace”) e tante sono le bandiere del Vaticano, (ma anche dell’Ucraina) che sventolano in piazza.

È un grande abbraccio quello che il Papa ha offerto ai cittadini che ha salutato in dialetto aquilano (“Jemonnanzi!”) e ringraziato per la loro “testimonianza di fede” e la “grande dignità” con la quale si è affrontato il dramma del 2009. “Penso a uno di voi, che mi ha scritto tempo fa, e mi diceva che aveva perso i suoi due unici figli adolescenti” nel terremoto, ha riferito. “E come questo tanti, tanti”.

“Il dolore c’è – ha poi osservato -, e le belle parole aiutano, ma il dolore rimane. E con le parole non se ne va il dolore. Soltanto la vicinanza, l’amicizia, l’affetto: camminare insieme, aiutarci come fratelli e andare avanti. O siamo un popolo di Dio o non si risolvono i problemi dolorosi, come questo”.

 “Voi, gente aquilana, avete dimostrato un carattere resiliente”, ha continuato sottolineando quanto sia fondamentale per la ricostruzione “attivare e rafforzare la collaborazione organica, in sinergia, delle istituzioni e degli organismi associativi: una concordia laboriosa, un impegno lungimirante, perché stiamo lavorando per i figli, per i nipoti, per il futuro“.

Nell’opera di ricostruzione il Papa ha chiesto “un’attenzione particolare” per le chiese, “patrimonio della comunità, non solo in senso storico e culturale, anche in senso identitario”. Poi ha parlato di speranza ringraziando la delegazione del mondo carcerario abruzzese (“oggi qui siete segno di speranza nella ricostruzione umana e sociale”). “Anche in voi saluto un segno di speranza, perché anche nelle carceri ci sono tante, troppe vittime”, ha detto.

Dopo una visita nel Duomo, ancora inagibile dal sisma (il Pontefice in sedia a rotelle ha indossato un caschetto di protezione tra i ponteggi), Francesco si è recato a Collemaggio per il rito dell’apertura della Porta Santa della Perdonanza Celestiniana. Nell’omelia della celebrazione eucaristica l’esortazione affinchè “L’Aquila sia davvero capitale di perdono, di pace e di riconciliazione!”. Il perdono, unico mezzo che “costruire la pace”.

“Voi avete sofferto molto a causa del terremoto, e come popolo state provando a rialzarvi e a rimettervi in piedi – si è cosi’ rivolto alla città -. Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perchè conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perchè avete fatto l’esperienza della miseria”.

“La consapevolezza della propria miseria e la bellezza della misericordia”, ha rimarca il Pontefice che ha citato anche i “terremoti dell’anima” precisando che Dio “dà sempre un’altra possibilità”. “Partire dalla propria miseria e guardare lì, cercando come arrivare al perdono, perchè anche nella propria miseria sempre troveremo una luce che è la strada per andare al Signore. È Lui che fa la luce nella miseria”, ha proseguito raccontando le difficoltà per l’atterraggio in elicottero al mattino. 

“Quando siamo arrivati all’Aquila non potevamo atterrare: nebbia fitta, tutto scuro, non si poteva. Il pilota dell’elicottero girava, girava, girava… Alla fine ha visto un piccolo buco ed è entrato lì: c’è riuscito, un maestro. E ho pensato alla miseria: con la miseria succede lo stesso, con la propria miseria. Tante volte lì, guardando chi siamo, niente, meno di niente; e giriamo, giriamo… Ma a volte il Signore fa un piccolo buco: mettiti li’ dentro, sono le piaghe del Signore! Li’ è la misericordia, ma è nella tua miseria. C’è il buco che nella tua miseria il Signore ti fa per potere entrare. Misericordia che viene nella tua, nella mia, nella nostra miseria”.

L’importanza di essere umili

Per Bergoglio occorre essere umili. Essi possono apparire uomini deboli e poerdenti ma in realtà “sono i feri vincitori”, ha spiegato il Papa che ha esaltato la figura di Celestino V, erroneamente ricordato come “colui che fece il gran rifiuto”, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia. Celestino V “non è stato l’uomo del ‘no’, è stato l’uomo del ‘sì'”, “è stato un testimone coraggioso del Vangelo, perchè nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è Misericordia“.

Il cristiano “sa che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo mondo, ma una carriera alla maniera di Cristo”. Finchè “non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie, che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore. Li’ dove non c’è libertà interiore, si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione e tutte queste miserie. E prendono il comando, le miserie”, ha sottolineato invocando alla fine dell’Angelus per l’Ucraina e tutti i popoli che soffrono a causa delle guerre “il perdono e la pace” implorando Dio di ravvivare “nel cuore dei responsabili delle nazioni il senso umano e cristiano di pietà, di misericordia”.

La visita all’Aquila di Papa Francesco si è conclusa con l’apertura della Porta Santa, che ha segnato l’inizio della Perdonanza. Alla presenza di 7.000 persone, Francesco con un bastone di ulivo del Getsemani ha percosso i battenti con tre colpi. Dopo le formule del rito, le ante della Porta Santa si sono spalancate. La Perdonanza concessa da San Pietro Celestino con la bolla Inter sanctorum solemnia – e rinnovata dai suoi successori – ha inizio. I fedeli ora potranno ottenere l’indulgenza plenaria recitando il Credo, il Padre nostro e la preghiera secondo le intenzioni del Papa, e accostandosi alla confessione e alla comunione eucaristica. 

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