AGI – Papa Francesco mette in guardia dai “salvatori”, dagli astuti leader che si approfittano delle paure della società, promettendo di risolvere i problemi nonostante il loro scopo sia solo “accrescere il proprio gradimento e il proprio potere”. Durante l’omelia della messa celebrata sul sagrato della Basilica di San Pietro per la beatificazione di Giovanni Paolo I – alla presenza anche del capo dello Stato Sergio Mattarella -, il Pontefice, mentre esalta la figura di umiltà di Papa Luciani, sembra riferirsi alle imminenti elezioni italiane.
“Specialmente nei momenti di crisi personale e sociale, quando siamo più esposti a sentimenti di rabbia o siamo impauriti da qualcosa che minaccia il nostro futuro, diventiamo più vulnerabili; e, cosi’, sull’onda dell’emozione, ci affidiamo – afferma Francesco – a chi con destrezza e furbizia sa cavalcare questa situazione, approfittando delle paure della società e promettendoci di essere il ‘salvatorè che risolverà i problemi, mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.
Lo stile di Dio, aggiunge, “è diverso” ed “è importante capire lo stile di Dio, come agisce Dio”. Uno stile “diverso da quello di questa gente, perchè Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sè stesso. A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale”.
Bergoglio commenta il Vangelo di oggi (Gesù in cammino verso Gerusalemme e una folla numerosa andava con lui). Ma “a queste persone il Signore fa un discorso poco attraente e molto esigente: non può essere suo discepolo chi non lo ama più dei propri cari, chi non porta la sua croce, chi non si distacca dai beni terreni”, dice.
“Perchè Gesù rivolge alla folla tali parole? Qual è il significato dei suoi ammonimenti?”, si domanda. “Anzitutto, vediamo una folla numerosa, tanta gente, che segue Gesù. Possiamo immaginare che molti siano stati affascinati dalle sue parole e stupiti dai gesti che ha compiuto; e, quindi, avranno visto in Lui una speranza per il loro futuro. Che cosa avrebbe fatto un qualunque maestro dell’epoca, o – possiamo domandarci ancora – cosa farebbe un astuto leader nel vedere che le sue parole e il suo carisma attirano le folle e aumentano il suo consenso? Capita anche oggi”.
Si può seguire Dio, avverte, “per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora”.
“Questo succede oggi fra i cristiani”, è la sua amara constatazione. “Ma questo – ribadisce – non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada”.
Quindi l’invito a vivere “senza compromessi” la gioia del Vangelo come ha fatto il Beato Giovanni Paolo I. “L’amore fino in fondo, con tutte le sue spine: non le cose fatte a metà, gli accomodamenti o il quieto vivere”.
Occorre puntare in alto, rischiare, non accontentarsi “di una fede all’acqua di rose”, rimarca Francesco. Perchè altrimenti finiremmo per “vivere a metà”, a lasciare le cose incompiute (“e quanta gente vive a metà, anche noi tante volte abbiamo la tentazione di vivere a metà”, dice a braccio), “senza decollare”, “senza impegnarci davvero per gli altri”. Vivere il Vangelo quindi senza compromessi come il nuovo Beato che non solo si è distaccato dai beni materiali, ma soprattutto ha vinto “la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria”. Un pastore “mite e umile” che “considerava sè stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere”.
“Con il sorriso Papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. E’ bella una Chiesa con il volto lieto, il volto sereno, il volto sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata, non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo”, conclude Papa Francesco esortando a pregare Luciani affinchè si possa ottenere “il sorriso dell’anima”, quello trasparente, quello che non inganna. A fine della celebrazione, prima della recita dell’Angelus, da Bergoglio un nuovo appello per la pace “in tutto il mondo, specialmente nella martoriata Ucraina”.