AGI – C’è da aspettarsi che un esercito di antropologi, sociologi e studiosi delle cose umane si scatenino: dovranno tentare di comprendere quali sono le radici profonde del fenomeno tennis italiano. Se Jannik Sinner è a un passo dal raggiungere la finale del Roland Garros (giocherà domani alle 14.30 contro Carlo Alcaraz) Jasmine Paolini è già certa di disputare la finale dello Slam parigino: l’ha conquistata umiliando la bambina Mirra Andreeva che non ha retto il peso di una partita del genere.
Ma anche Jasmine, 28 anni, era alla sua prima semifinale Slam: eppure l’ha giocata con la serenità e la concentrazione di una abituata a match del genere. Per certi versi c’è da non crederci.
Jasmine condivide con Sinner non solo la consonante iniziale del nome di battesimo: ma anche il fatto di aver sconfitto nella finale di Dubai, nel febbraio scorso, quella Anna Kalinskaja che oggi è la fidanzata del rosso di Sesto Pusteria.
E vogliamo parlare dei loro coach? Come non vedere un’identità di sguardi e comportamenti fra Simone Vagnozzi&Darren Cahill (head coach di Jannik) e Renzo Furlan, padre della sbalorditiva crescita tennistica di Jasmine? Volti e atteggiamenti che nulla concedono al mood dei tempi, all’autopromozione, alla facile seduzione della postura o del muscolo.
Persone che hanno coltivato con gli anni, anche facendo i conti con i propri limiti e i propri fantasmi, la passione tennistica e la capacità di trasmetterla ad altri. Non è un caso che Furlan abbia fatto parte dei Piatti Boys, il gruppo di ragazzi che viaggiavano in auto con Riccardo e che da lui hanno assorbito la monacale passione per questo sport.
E quel maestro, partito da Como e sbarcato a Bordighera, ha dato vita allo stesso flusso di sapienza che se è arrivato nei neuroni della Paolini tramite Furlan, ha attecchito anche in quelli già ampiamente predisposti di Sinner e ora di quello di Lorenzo Carboni, il ragazzo che con Jannik si è allenato per ore e che domani giocherà la semifinale del torneo junior.
Ciò che Furlan ha capito e coltivato è ciò che Ivano Pieri, padre di Jessica, pure lui tennista professionista, aveva visto in quella ragazzina con un nonno ghanese e una nonna polacca (come la numero uno del mondo Iga Swiatek che affronterà in finale), dal sorriso perennemente disegnato sul volto a Bagni di Lucca dove l’aveva portata il nonno Adriano: la capacità di non smettere di crescere, a dispetto del fatto che la statura fisica certo non l’avrebbe aiutata.
Pieri avrebbe voluto forse che parte di quel particolarissimo talento facesse parte anche del bagaglio di Jessica: ma è stato lui a indirizzare tecnicamente e forse anche caratterialmente quella bambina. E poi c’è Sara Errani. Non è un caso che da quando Jasmine gioca il doppio al fianco di Sara la sua capacità di far crescere il suo livello in campo sia crescita ancora.
È come se Sara, finalista a Parigi nel 2012, trasmettesse giorno dopo giorno (e Furlan ne è ben consapevole) alla più giovane collega la capacità di elaborare le sconfitte e da esse trarre insegnamenti.
Una caratteristica che possiede solo chi attraverso le difficoltà ci è passata davvero. Le due giocheranno (antropologi, siete pronti?) la semifinale del torneo parigino di doppio ma la presenza di Sara ha contribuito in misura fondamentale a far si’ che a 28 anni la ragazzina di Bagni di Lucca e per la quale il tennis è felicità sia diventata la numero 7 al mondo, come è virtualmente oggi.
E felice sarà anche sabato quando affronterà la dominatrix Iga Swiatek, una davanti alla quale Coco Gauff ha fatto la figura dell’apprendista. Ma il punto incredibile è che se anche Jasmine dovesse perdere con la polacca poco cambierà visto che il suo superpotere, quello di non smettere di crescere, trarrà da quella sconfitta altra energia. Che meraviglia.
AGI – C’è da aspettarsi che un esercito di antropologi, sociologi e studiosi delle cose umane si scatenino: dovranno tentare di comprendere quali sono le radici profonde del fenomeno tennis italiano. Se Jannik Sinner è a un passo dal raggiungere la finale del Roland Garros (giocherà domani alle 14.30 contro Carlo Alcaraz) Jasmine Paolini è già certa di disputare la finale dello Slam parigino: l’ha conquistata umiliando la bambina Mirra Andreeva che non ha retto il peso di una partita del genere.
Ma anche Jasmine, 28 anni, era alla sua prima semifinale Slam: eppure l’ha giocata con la serenità e la concentrazione di una abituata a match del genere. Per certi versi c’è da non crederci.
Jasmine condivide con Sinner non solo la consonante iniziale del nome di battesimo: ma anche il fatto di aver sconfitto nella finale di Dubai, nel febbraio scorso, quella Anna Kalinskaja che oggi è la fidanzata del rosso di Sesto Pusteria.
E vogliamo parlare dei loro coach? Come non vedere un’identità di sguardi e comportamenti fra Simone Vagnozzi&Darren Cahill (head coach di Jannik) e Renzo Furlan, padre della sbalorditiva crescita tennistica di Jasmine? Volti e atteggiamenti che nulla concedono al mood dei tempi, all’autopromozione, alla facile seduzione della postura o del muscolo.
Persone che hanno coltivato con gli anni, anche facendo i conti con i propri limiti e i propri fantasmi, la passione tennistica e la capacità di trasmetterla ad altri. Non è un caso che Furlan abbia fatto parte dei Piatti Boys, il gruppo di ragazzi che viaggiavano in auto con Riccardo e che da lui hanno assorbito la monacale passione per questo sport.
E quel maestro, partito da Como e sbarcato a Bordighera, ha dato vita allo stesso flusso di sapienza che se è arrivato nei neuroni della Paolini tramite Furlan, ha attecchito anche in quelli già ampiamente predisposti di Sinner e ora di quello di Lorenzo Carboni, il ragazzo che con Jannik si è allenato per ore e che domani giocherà la semifinale del torneo junior.
Ciò che Furlan ha capito e coltivato è ciò che Ivano Pieri, padre di Jessica, pure lui tennista professionista, aveva visto in quella ragazzina con un nonno ghanese e una nonna polacca (come la numero uno del mondo Iga Swiatek che affronterà in finale), dal sorriso perennemente disegnato sul volto a Bagni di Lucca dove l’aveva portata il nonno Adriano: la capacità di non smettere di crescere, a dispetto del fatto che la statura fisica certo non l’avrebbe aiutata.
Pieri avrebbe voluto forse che parte di quel particolarissimo talento facesse parte anche del bagaglio di Jessica: ma è stato lui a indirizzare tecnicamente e forse anche caratterialmente quella bambina. E poi c’è Sara Errani. Non è un caso che da quando Jasmine gioca il doppio al fianco di Sara la sua capacità di far crescere il suo livello in campo sia crescita ancora.
È come se Sara, finalista a Parigi nel 2012, trasmettesse giorno dopo giorno (e Furlan ne è ben consapevole) alla più giovane collega la capacità di elaborare le sconfitte e da esse trarre insegnamenti.
Una caratteristica che possiede solo chi attraverso le difficoltà ci è passata davvero. Le due giocheranno (antropologi, siete pronti?) la semifinale del torneo parigino di doppio ma la presenza di Sara ha contribuito in misura fondamentale a far si’ che a 28 anni la ragazzina di Bagni di Lucca e per la quale il tennis è felicità sia diventata la numero 7 al mondo, come è virtualmente oggi.
E felice sarà anche sabato quando affronterà la dominatrix Iga Swiatek, una davanti alla quale Coco Gauff ha fatto la figura dell’apprendista. Ma il punto incredibile è che se anche Jasmine dovesse perdere con la polacca poco cambierà visto che il suo superpotere, quello di non smettere di crescere, trarrà da quella sconfitta altra energia. Che meraviglia.