C’è un pezzo di Palermo chiuso per mafia da 26 giorni, l’ippodromo della Favorita. Chiuso per il rischio di infiltrazioni di Cosa nostra, così ha deciso la società che gestisce la struttura, l’Ires. Chiuso alle gare e non si sa con certezza quando riaprirà. Intanto, c’è un gran via vai nelle scuderie. Perché le stalle non possono chiudere, i cavalli hanno bisogno di assistenza. All’ingresso, i vigilantes della Metroservice controllano ogni movimento, sono loro a decidere chi può entrare. Uno dei “vecchi” del gruppo è un volto noto all’ippodromo, è Marco Buonamente, il figlio di Giovanni, da trent’anni il geometra capo che gestisce la manutenzione delle piste e l’area scuderie. Buonamente junior è cresciuto fra i cavalli, conosce meglio di qualsiasi altro la struttura, ma in questi ultimi anni ha avuto grossi guai giudiziari.
Nel 2008, i carabinieri del nucleo operativo della Compagnia San Lorenzo l’hanno arrestato nell’operazione “Freedom”, con l’accusa di essere un attivissimo spacciatore di droga. Marco Buonamente è stato intercettato al telefono con un esponente del clan mafioso Galatolo, Angelo, che pretendeva una percentuale sui suoi affari. E quando Angelo Galatolo iniziò a chiedere di più e a minacciare ritorsioni (“Tu i soldi devi darli a me, non mi interessa niente”), Buonamente junior chiese la mediazione di un amico davvero particolare, Davide Romano, il giovane boss del Borgo Vecchio poi ucciso nel 2011 perché voleva allargare i suoi affari nel traffico degli stupefacenti. «Questa sera ci vediamo – diceva Buonamente a Galatolo, e non sospettava di essere intercettato – ti vengo a cercare con Davide così parliamo». E Davide sistemò tutto.
L’ingresso alle scuderie
Ora, Marco Buonamente sorveglia l’ingresso dell’ippodromo. Il presidente dell’Ires, l’ingegnere Giovanni Cascio, allarga le braccia: «Io sono in carica dal 2015, la nuova ditta che ha vinto il contratto di portierato e vigilanza ha prodotto tutte le certificazioni necessarie, so che ha assunto le persone che già svolgevano il servizio con la precedente azienda».
Oggi, si terrà un vertice fra la prefettura di Palermo e il ministero delle Politiche agricole sul caso ippodromo. «Dopo aver chiesto la chiusura della struttura – prosegue Cascio – ho scritto a diverse istituzioni per chiedere un presidio di polizia all’ingresso. Non ho ancora avuto alcuna risposta».
MISTER X
Ma basterebbe piazzare una pattuglia di polizia all’ingresso dell’ippodromo? Magari accanto a un ex pusher dalle troppe relazioni pericolose? Cosa sta succedendo davvero oltre quel cancello chiuso?
Un mese fa, poco prima della decisione di fermare tutte le gare, l’ultimo pentito di mafia, Giovanni Vitale, aveva lanciato un sasso dentro la pista della Favorita. «Adesso, hanno messo Giuseppe Corona ad occuparsi di tutto», si era lasciato sfuggire in aula. “Hanno messo”, vuol dire che la cosca mafiosa di Resuttana, competente per territorio, ha già un nuovo referente per il racket delle scommesse. Corona è un imprenditore molto attivo a Palermo, ufficialmente si è lasciato alle spalle i suoi guai giudiziari. Gestisce un’avviata tabaccheria in via Sampolo, intestata alla moglie; di recente, ha aperto anche un’altra attività in centro. Chi è davvero Giuseppe Corona, l’uomo chiamato in causa per le scommesse all’ippodromo? Di recente, il suo nome ha fatto capolino un’altra volta in un processo di mafia che riguardava i boss dell’Acquasanta. «Mio fratello», lo chiamava il capomafia Gregorio Palazzotto, e neanche lui sospettava di essere intercettato in carcere. A tutte le necessità dei familiari di Palazzotto pensava Corona.
Cosa c’è dietro il racket delle scommesse? All’ippodromo raccontano di fantini minacciati, qualcuno non ha neanche partecipato alle ultime competizioni. I favoriti hanno perso e altri hanno incredibilmente vinto. Qualcuno ha pilotato le ultime gare? E’ il sospetto dei vertici dell’Ires.
AFFARE IPPODROMO
Ma non c’è solo il racket delle scommesse a soffocare l’ippodromo. Alcuni cavalli sarebbero di proprietà dei boss, tramite prestanome. Raccontano che la famiglia Romano, quella del Borgo Vecchio, abbia una grande passione per i cavalli, sarebbero tenuti nella scuderia di un insospettabile. Anche Giovanni Niosi, vecchio boss di San Lorenzo, è un esperto del settore: non lo si vede da tempo in giro, ma negli anni scorsi aveva addirittura una scuderia e dei campioni in pista. Basta sfogliare gli atti del suo processo per capire quanto fosse stimato alla Favorita. L’8 febbraio 2002, Giuseppe Messineo, uno dei driver più noti dell’ippodromo, organizza un pranzo nella sua scuderia. E chi arrivano? Giovanni Niosi e il geometra Buonamente. I poliziotti del commissariato San Lorenzo registrano pure l’ingresso all’ippodromo di un altro uomo, a bordo di una Renault Twingo intestata a una tale Rosa Amoroso di Castelvetrano.
Business dei cavalli vuol dire anche forniture. Un altro settore a forte rischio infiltrazioni. Uno di quelli che fino a due anni fa entrava senza problemi all’ippodromo è Angelo Gallina, arrivava da Torretta quasi ogni giorno: Angeluzzu è stato molti anni negli Stati Uniti, poi nel 2000 ha avuto una «disgrazia», l’Fbi l’ha arrestato per traffico di droga, nel 2004 è tornato in Sicilia. Non è stato un problema per Gallina inserirsi tra i fornitori più accreditati dell’ippodromo, fino a quando è stato arrestato nell’ambito del blitz antimafia “Apocalisse” con l’accusa di aver fatto parte della famiglia mafiosa di Torretta.
Ombre, affari, pressioni. Anche oggi un pezzo di Palermo resterà chiuso per mafia. Chi dovrebbe intervenire? Non è solo un problema giudiziario, ma anche amministrativo. Il ministero delle Politiche agricole ha mai fatto controlli sui contratti di servizio all’ippodromo di Palermo? E, poi, ancora, sulle proprietà dei cavalli, sulle scuderie e le forniture? Dopo 26 giorni di chiusura per mafia, non è
stata avviata neanche un’ispezione all’ippodromo.Dice un vecchio appassionato di ippica: «Da quarant’anni, i mafiosi fanno quello che vogliono all’ippodromo di Palermo. Adesso, finalmente, il caso è scoppiato in tutta la sua dimensione. Ma non sarà facile trovare una soluzione, per liberare un pezzo di città di infinita bellezza, un pezzo di città in cui molti, troppi palermitani non sono mai entrati per paura».