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Organizzazioni sociali a sostegno della politica

Feb 18, 2018

Come proteggere l’Italia quando il suo sistema politico non funziona? Attraverso l’impegno delle sue organizzazioni sociali. Quando la politica debole, spetta a queste ultime garantire la continuit del Paese. Ci non significa che esse dovranno assolvere la funzione di supplenza della politica, come pure stato necessario fare nel passato. Significa piuttosto operare sulla distinzione tra politics e policies, distinzione costitutiva delle democrazie liberali. La prima (che riguarda i rapporti di potere partigiani) spetta alle forze politiche, le seconde (che riguardano la soluzione dei problemi collettivi) debbono coinvolgere anche le organizzazioni sociali. Se la politics entra in crisi, ci non deve condurre alla paralisi delle policies. Anzi, il consenso sulle seconde pu aiutare a superare la paralisi della prima. E’ un bene che Confindustria, nella sua Assise Generale dell’altro ieri, abbia espresso la sua visione delle policies che l’Italia dovrebbe adottare per uscire dalla Grande Recessione.

Ed un bene che un sindacalista come Marco Bentivogli (leader della FIM CISL) abbia avanzato, insieme al ministro Carla Calenda, una visione di Industria 4.0 che considera il rilancio industriale del Paese come la condizione per rispondere alle esigenze degli iscritti della sua organizzazione. Si pu fare politica senza entrare nella politics ma promuovendo le policies, purch esse rispondano ad interessi generali. Pi le policies sono condivise, pi le difficolt della politics sono contenute. questo il compito della leadership sociale di un Paese avanzato e occidentale. Dare continuit alle scelte strategiche di quest’ultimo, prevenendo o contenendo la politics che potrebbe contraddire quelle scelte. Quelle scelte strategiche sostanziano il nostro interesse nazionale. Un interesse strutturato (almeno) intorno al trinomio di Europa, mercato e democrazia.

Cominciamo dall’Europa. un nostro interesse nazionale rafforzare la collocazione europea dell’Italia. Fuori dall’Eurozona e dall’Unione europea (Ue), c’ solamente un futuro di declino e marginalit per il nostro Paese. Ci non significa che l’Eurozona e l’Ue, cos come sono, funzionino adeguatamente. Anzi. Secondo l’Eurobarometro, alla fine del 2017 quasi 1/3 degli italiani si era dichiarato contrario all’euro (per come funzionava) oppure poco di 1/3 riteneva che i nostri interessi sono presi in considerazione all’interno dell’Eurozona. Tuttavia, lo stesso Eurobarometro riportava che quasi il 50 per cento di italiani dichiarava il suo favore per un’accelerazione del processo di integrazione. Una contraddizione che pu essere risolta andando avanti e non gi indietro (nel processo di integrazione). Se cos , allora non si possono assecondare programmi politici che affermano che “l’euro la principale causa del nostro declino economico” (Lega) oppure che la nostra permanenza nell’Eurozona dovr essere sottoposta ad una consultazione elettorale o referendum (Cinque Stelle). N si possono legittimare le alleanze di forze europeiste con forze sovraniste, giustificate dall’assunto che occorre prima vincere le elezioni e poi si vedr. Non necessario leggere Robert Merton per sapere che in politica, come nella vita, scelte contingenti possono produrre conseguenze permanenti (e drammatiche). Basti pensare a Brexit. La secessione britannica il risultato della promessa, fatta nel 2013 dall’allora primier David Cameron, di indire un referendum sull’Europa per tenere unito il suo partito in vista delle elezioni del 2015. I Conservatori vinsero poi le elezioni, ma la promessa dovette essere rispettata. Con le conseguenze che vediamo.

Vediamo il mercato. un nostro interesse nazionale superare i vincoli che impediscono al nostro Paese di crescere. Senza la crescita difficile che ci sia occupazione, anche se la crescita non produce necessariamente una buona occupazione. Negli ultimi anni l’Italia cresciuta (1,5 per cento), ma continua ad avere il tasso pi basso dell’Eurozona. Cos, l’occupazione aumentata, ma il nostro tasso di disoccupazione continua ad essere pi alto rispetto alla media dell’Eurozona (10,8 per cento rispetto all’8,7 per cento, dicembre 2017). E soprattutto continuiamo ad avere un debito pubblico (132 per cento del Pil) che ci pesa come un macigno. In questa situazione, la leadership sociale non pu accettare proposte elettorali che, se implementate, ci porterebbero ad un potenziale default finanziario, non dissimile da quello dell’autunno del 2011. Promettendo il reddito di cittadinanza o l’abolizione della legge Fornero si potranno conquistare voti, ma certamente non si conquista la stabilit finanziaria del Paese. Occorre fare pace con l’interdipendenza, promuovendo un’alleanza per la crescita tra noi e l’Europa. All’interno dei vincoli finanziari in cui siamo costretti (per colpa nostra) ad operare, molto pu essere fatto (anche per ridurre quei vincoli). Ma ci richiede un governo competente, capace di costruire le necessarie alleanze nazionali ed europee. Solamente i Paesi infantili si affidano alle magie degli stregoni, i Paesi maturi valutano i politici per ci che hanno fatto, non gi per ci che promettono di fare. L’Italia ha bisogno di una rivoluzione cognitiva per modernizzarsi. Modernizzare vuole dire non solo promuovere piani infrastrutturali, ma anche modificare modelli culturali. Abbiamo bisogno di reti digitali, ma anche di universit in cui si parlino tre o quattro lingue e non solamente due (anzi, una sola, secondo l’opinione di alcuni patriottici magistrati della nostra giustizia amministrativa). Certamente, l’apertura metter in difficolt individui e gruppi, in particolare nelle regioni pi deboli (come quelle meridionali). Ma anche qui molto pu essere fatto per sperimentare nuove politiche di welfare, se si condivide il principio che le societ aperte saranno solide solamente se inclusive.

Infine, la democrazia. un nostro interesse nazionale superare la crisi della politica, dandoci un sistema di governo efficiente e legittimo. L’esito delle elezioni del 4 marzo sar conseguente con l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Quelle elezioni accentueranno la frammentazione partitica e la differenziazione politica tra le due camere del Parlamento, esiti che il progetto di riforma costituzionale intendeva prevenire. La leadership sociale del Paese non deve perdere tempo con i fanfaroni che denunciano (oggi) lingovernabilit dell’Italia dopo aver fatto (ieri) una campagna contro chi voleva garantire la governabilit dell’Italia. N con quei commentatori che addirittura sostengono che troveremo il modo per tirare avanti anche senza un governo, confondendo la democrazia con il teatro di Pulcinella. Alla politica che non riesce a trovare il bandolo della matassa, bene che la leadership sociale opponga il realismo visionario di chi non si rassegna ad un’Italia provinciale, in decrescita (in)felice e trasformista. Proponendo quindi politiche di riforma (dell’Europa, dell’economia e delle istituzioni) che possano aiutare la politica a liberarsi dalle proprie debolezze.

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