• 16 Settembre 2024 21:49

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Operazione Symes, l’archeologia: “Esistono ancora oggi depositi dove chiunque può entrare e uscire”

Mag 29, 2024

AGI – “In questo tipo di crimini, che non è possibile collocare con precisione nel tempo ed è difficilissimo ricostruire quando e chi ha commesso il furto e chi ha portato il bene fuori dall’Italia, l’attività diplomatica è spesso più veloce rispetto alle investigazioni, e ad avviarla sono soprattutto i carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale, con il supporto del ministero”.

Serena Raffiotta, archeologa in Sicilia, autrice insieme ad altri di ‘Ladri di antichità’ (Edizioni Lussografica), si sofferma con l’AGI sui risultati dell’operazione Symes (dal nome del noto trafficante internazionale d’arte Robert Symes), che ha riportato in Italia 600 reperti culturali provenienti da furti o prede dei tombaroli e localizzati molti anni dopo in musei, gallerie e collezioni private.

“Nel caso dei collezionisti – spiega Raffiotta – spesso sono questi ultimi a donare ai musei e i carabinieri intercettano queste donazioni. È molto complesso intercettare una collezione privata all’estero, ma c’è un momento ‘narcisista’ in cui questi collezionisti donano in tutto o in parte le collezioni, magari per avere una sala del museo intitolata a loro. Li’, in quel momento, escono allo scoperto“. E se negli Stati Uniti fino a poco tempo fa musei e collezionisti non si facevano molti problemi nel caso di donazioni contenenti reperti di dubbia provenienza, la novità è che “oggi esiste a New York una task force speciale che si occupa di questa tipologia di reati”.

Negli ultimi venti anni sono state numerose le restituzioni di reperti trafugati, e questo ha reso i musei molto più attenti a cio’ che acquisiscono. “Sono più cauti – spiega all’AGI Raffiotta – perchè sanno che se investono grandi somme, poi devono restituire tutto nel caso di reperti rubati. E poi c’è la vergogna, di fronte a mecenati che hanno donato somme ai musei e potrebbero scegliere altri settori ai quali erogare fondi”.

Molti reperti di questa operazione provengono dai tombaroli. “Al lavoro – sottolinea l’archeologa, che lavora in Sicilia – ce ne sono ancora, come dimostrano alcune operazioni dei carabinieri, ma oggi è più difficile per loro perché ci sono maggiore sensibilità e più controllo, anche se mai abbastanza. I tombaroli, anello di una catena, hanno più difficoltà ma il sistema è ancora in piedi”.

Soprattutto, mette sull’avviso Raffiotta, vengono perpetrati “piccoli furti che sfuggono all’attenzione: nei cimiteri munumentali, nelle chiese, nei depositi dei musei in cui molte cose non sono catalogate. Il lavoro va fatto, in particolare, nei depositi dei musei, mettendo in sicurezza quello che c’è già, catalogare, munire i magazzini di sistemi d’allarme, mettere in ordine, fare un investimento sui depositi che, per esempio in Sicilia, non è stato mai fatto tranne che a Siracusa, Agrigento e Palermo. Sono entrata in depositi dove tutto questo non esiste: molte cose non inventariate, e chiunque può entrare o uscire. Si può compiere il furto di un reperto, e nessuno se ne accorgerà”. 

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