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Ocse, patrimoniale è strada per ridurre le disuguaglianze

Apr 12, 2018

ROMA – Che la diseguaglianza sia aumentata nel mondo ormai lo dichiarano a gran voce tutti, anche il Fondo monetario internazionale. Ma che una tassa patrimoniale sulla ricchezza potrebbe essere un soluzione per riequilibrare la situazione in quesi Paesi dove l’aumentato delle differenze è stato elevato, non lo aveva dichiarato apertamente ancora nessuno, almeno a livello istituzionale. Lo fa l’Ocse, che nel rapporto “The Role and Design of net wealth taxes”, che indica l’Italia (insieme ad altri tre Paesi) come una nazione dove la disuguaglianza sociale è aumentata di più e dove la concentrazione di ricchezza verso l’alto è diventata sempre più evidente negli ultimi dieci anni di crisi. Una crisi quasi ininterrotta. Tant’è che i livelli pre-crisi non sono stati ancora recuperati. Il 43% della ricchezza – è scritto nel Rapporto – è appannaggio del 10% più ricco della popolazione”. Quindi, conclude l’Ocse, “uno dei modi per ridurre più velocemente i divari di ricchezza è l’imposizione della tassa patrimoniale”.

L’Ocse ha comparato i dati di sei Paesi che si prestavano bene al confronto (Australia, Canada, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti) e oltre all’Italia, la concentrazione della ricchezza ai vertici della società è cresciuta nei Paesi Bassi, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Come dire che se anche il Pil è aumentato, quel poco di aumento è andato a finire nelle tasche dei più ricchi, concentrandosi quindi ai piani alti. Così la disparità di ricchezza nella parte inferiore della distribuzione è cresciuta in tutti i Paesi, tranne che in uno, il Regno Unito.

L’ Ocse ha esaminato l’utilizzo della patrimoniale – attualmente e storicamente – nei Paesi membri evidenziando tutti i pro e i contro della tassa. I risultati indicano che, in generale, la necessità di adottare “una tassa sulla ricchezza netta” è minima nei Paesi dove sono applicate su larga scala le tasse sui redditi e sui capitali personali, comprese le imposte sulle plusvalenze, e dove le tasse di successione sono ben disegnate. In questi casi la patrimoniale potrebbe avere effetti addirittura “distorsivi”. Al contrario, sostiene l’Ocse, potrebbe funzionare ed essere utile dove la tassa di successione non esiste e dove le imposte sui redditi sono particolarmente basse. “Per esempio – si legge nel rapporto – una tassa sulla ricchezza netta potrebbe avere effetti distorsivi più limitati ed essere più giustificata se utilizzata per favorire la progressività nei Paesi dove l’imposta sui redditi personali è relativamente bassa. In pratica, ciò implica che nei Paesi con sistemi di imposizione duale, che tassano i redditi da capitale a tassi piatti (e spesso bassi) o in Paesi in cui i guadagni in conto capitale non sono tassati, ci può essere una giustificazione più forte a riscuotere un’imposta patrimoniale. E un’argomentazione simile può valere anche per i paesi che non impongono tasse di successione sulle eredità”.

Ma non è finita. Scrive ancora l’Ocse: “oltre alle considerazioni fiscali, potrebbe esserci anche una maggiore giustificazione per un’imposta patrimoniale netta in un Paese che mostra alti livelli di disuguaglianza della ricchezza come un modo per ridurre i divari a un ritmo più veloce”. Analizzando l’andamento negli ultimi anni della distribuzione del reddito e della ricchezza a livello internazionale, l’organizzazione sottolinea quindi che “dopo la crisi, sono proseguite le tendenze verso una maggiore disuguaglianza di ricchezza”. Che, come sostengono in molti vanno eliminate. In ogni caso, sottolinea l’Ocse, le ragioni di una patrimoniale “non possono essere valutate singolarmente ma dipendono dal sistema fiscale complessivo e dallo scenario complessivo economico e sociale del paese”.

Argomento delicato, la patrimoniale, soprattutto in Italia. Così l’idea di tassare rendite ed eredità mette subito in allarme. Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, si affretta a dire che in Italia ci sono già “tasse come Irap e Imu che, chi dovrebbe fare impresa, paga sui capannoni industriali”. Al contrario, “penso che, forse, una riforma fiscale che aiuta chi produce, il mondo del lavoro, i lavoratori e le imprese, non i patrimoni delle persone, sia un grande valore”. E al numero uno di Confindustria, fa eco Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. “Informiamo l`Ocse che nel nostro Paese una patrimoniale c’è già – dichiara Spaziani Testa – si chiama Imu-Tasi, vale 21 miliardi di euro l’anno… Rimangono i soldi dei conti correnti e il risparmio finanziario, ma quelli, a differenza degli immobili, prenderanno il largo alle prime avvisaglie di un Governo che dia l’impressione di voler seguire suggerimenti così sciagurati”.

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