La revisione del Green Deal ha rappresentato, per molti costruttori, una boccata d’aria dopo mesi di tensioni e investimenti a senso unico. Ma attenzione a parlare di retromarcia: l’Unione Europea non ha cancellato lo stop ai motori termici, ha piuttosto introdotto una correzione di rotta che apre piccoli spiragli senza mettere in discussione la direzione della visione. L’elettrico resta il pilastro della strategia comunitaria, ma il percorso per arrivarci diventa meno rigido, più graduale e – almeno nelle intenzioni – più compatibile con la realtà industriale europea.
Cosa ha deciso la Commissione europea
Dal 2035 le case automobilistiche potranno continuare a vendere vetture inquinanti con livelli di emissioni pari al 10% di quello del 2021. Sarà quindi un numero limitato di vetture benzina o diesel a poter essere venduto annualmente e quelle emissioni prodotte dovranno essere compensate in altri modi.
Secondo la stima dell’UE questo si tradurrà in una quota di mercato del 30/35% di veicoli non completamente elettrici, includendo quindi anche ibride e plug-in. Una concessione che mira a evitare uno shock industriale, soprattutto per quei marchi che operano nei segmenti più complessi da elettrificare nel breve periodo.
Compensare le emissioni
Per compensare quel 10% di emissioni le aziende dovranno fare affidamento su materiali e carburanti alternativi. Nello specifico il 7% dei crediti di emissione dovrà essere compensato attraverso l’utilizzo di acciaio sostenibile Made in Europe, incentivando così una filiera industriale più pulita e meno dipendente da fornitori extra-UE. Il restante 3% passerà invece da biocarburanti ed e-fuel, soluzioni che continuano a dividere esperti e costruttori ma che, per ora, restano sul tavolo come strumenti di transizione.
Batterie prodotte in Europa
Uno dei nodi più critici del piano originale era la forte dipendenza dall’estero, in particolare dall’Asia, per quanto riguarda le batterie. La nuova proposta affronta il tema in modo più diretto, annunciando il sostegno a una filiera europea completa, dalla progettazione alla produzione.
Un segnale già raccolto da diversi gruppi industriali. Volkswagen, per esempio, ha inaugurato a Salzgitter, in Germania, la prima fabbrica PowerCo dedicata allo sviluppo e alla produzione di celle per batterie interamente in Europa. Un progetto simbolico, ma anche concreto, che punta a ridurre i rischi geopolitici e a garantire maggiore stabilità all’industria continentale.
Le risposte della politica
Come prevedibile, la reazione politica è stata tutt’altro che compatta. C’è chi vede nella revisione un compromesso necessario e chi, al contrario, un passo indietro pericoloso. Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha parlato apertamente di “errore storico”, ribadendo la centralità dell’emergenza climatica e la necessità di mantenere obiettivi ambiziosi. Di segno opposto le posizioni di Italia e Germania, che hanno accolto positivamente una manovra giudicata più attenta alla competitività delle imprese europee e alla tutela dell’occupazione.
È la soluzione definitiva?
Il mercato, più che festeggiare, osserva e prende tempo. Il dialogo è stato riaperto, ma restano molti punti interrogativi. La questione dei biocarburanti, ad esempio, continua a sollevare dubbi sulla reale efficacia ambientale e sulla disponibilità su larga scala.
Anche il tema delle emissioni contate resta delicato. Il caso delle ibride plug-in è emblematico: i valori dichiarati nei 100 km del ciclo WLTP sono spesso irrisori, in alcuni casi anche nulli, divergendo da quelli che sono i consumi reali; potrebbe quindi bastare progettare vetture plug-in con oltre 100 km di autonomia elettrica per abbattere le emissioni dichiarate? Infine, per quanto riguarda il Made in Europe, UNRAE ha sollevato delle perplessità su un “possibile impatto sui consumatori in un contesto di globalizzazione, di interconnessione, in cui anche i marchi europei producono all’estero”.
In sintesi, la nuova linea europea lascia aperti molti dubbi e il modo in cui verrà attuata definirà il successo o la necessità di un ulteriore aggiustamento di rotta.