Negli ultimi tempi non si parla d’altro se non delle nuove normative Euro 7 e di che cosa succederà al settore auto, già colpito profondamente da anni di crisi continua, causati prima di tutto dalla pandemia di Coronavirus, poi dalla carenza di semiconduttori e materie prime, dal caro benzina, dal calo del potere d’acquisto degli automobilisti e da molti altri fattori.
Come spesso accade con le nuove proposte e decisioni a livello nazionale e/o comunitario (un esempio è lo stop ai motori termici in Europa a partire dal 2035) anche in questo caso ci sono tanti dubbi e svariate perplessità a riguardo.
Il recente studio di Frontier Economics “Regulatory costs of Euro 7 – Findings from an industry survey”, commissionato da ACEA, fornisce una valutazione indipendente e conforme dei costi incrementali per ogni nuovo veicolo Euro 7, basata sulle stime degli esperti del settore.
Le auto costeranno di più?
Sarà più costoso produrre auto Euro 7. La nuova normativa sulle emissioni inquinanti comporterebbe infatti un aumento dei costi diretti da 4 a 10 volte superiore a quello citato dalla Commissione Europea. La proposta di regolamento Euro 7 aumenterà i costi di produzione di auto, furgoni, camion e autobus. Lo studio di Frontier Economics calcola i costi per veicolo a 2.000 euro circa per quanto riguarda auto e furgoni con motore a combustione interna, e a quasi 12.000 euro per i camion e gli autobus diesel.
Si tratta di numeri che sono esattamente da 4 a 10 volte superiori rispetto alle stime che erano state fatte da parte della Commissione nella sua valutazione d’impatto dell’Euro 7 (si parlava infatti dai 180 ai 450 euro per auto e furgoni e 2.800 euro per camion e autobus). Le stime comprendono solo i costi diretti di produzione, principalmente per le attrezzature e gli investimenti.
Questi costi aggiuntivi non corrispondono ai prezzi di acquisto, ma faranno aumentare il valore per gli utenti finali. Ed è per questo che – è importante sottolinearlo – l’aumento dei prezzi potrebbe anche essere più alto rispetto alle cifre citate nello studio. Con le attuali norme Euro 6/VI, l’UE dispone degli standard più completi e severi al mondo in materia di emissioni inquinanti (come NOx e particolato).
Le emissioni di gas di scarico sono già a un livello appena misurabile grazie alla tecnologia dei veicoli all’avanguardia. Sigrid de Vries, Direttore Generale dell’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (ACEA), ha dichiarato: “L’industria automobilistica europea è impegnata a ridurre ulteriormente le emissioni a beneficio del clima, dell’ambiente e della salute. Tuttavia, la proposta Euro 7 non è semplicemente il modo giusto per farlo, in quanto avrebbe un impatto ambientale estremamente basso a fronte di un costo estremamente elevato”. E inoltre: “La transizione verso l’elettrificazione consentirà di ottenere maggiori benefici per l’ambiente e la salute, sostituendo al contempo i veicoli più anziani sulle strade dell’UE con modelli Euro 6/VI altamente efficienti”.
La proposta dell’Euro 7 non comporterà solo costi diretti ma anche ulteriori costi indiretti, come l’aumento del consumo di carburante. Durante l’intero ciclo di vita di un veicolo, i costi del carburante potrebbero aumentare del 3,5%, quindi in pratica 20.000 euro in più per i camion a lungo raggio e 650 euro in più per le auto e i furgoni.
Si tratta di costi indiretti, ignorati nella valutazione d’impatto della Commissione, che si sommano ai costi diretti e che andrebbero ad aggiungersi al costo totale del possesso di un veicolo, ponendo ulteriori pressioni finanziarie sui consumatori e sulle imprese in un periodo di alta inflazione e di aumento dei prezzi dell’energia.
La posizione dell’Italia sull’Euro 7
Dopo la decisione difficile presa nell’ambito dello stop alle auto inquinanti alimentate a benzina e diesel a partire dal 2035, raggiunta senza il consenso dell’Italia e con la delega della Germania per gli e-fuel, oggi arriva un’altra questione a scaldare gli animi, e si tratta proprio della nuova proposta di regolamento Euro 7 presentata dalla Commissione Europea, per riuscire a ridurre ulteriormente le emissioni inquinanti proveniente dai veicoli in circolazione in Europa.
Secondo quanto dichiarato dal Ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso è in corso, ed è “solo agli inizi”, un negoziato per cui è prevista una battaglia e uno sforzo che viene dichiarato “irragionevole”.
La nuova normativa arriva anche in un momento in cui il Governo vorrebbe anche riuscire a ottenere nel breve periodo una norma ad hoc da parte della Commissione Europea, per riuscire a mantenere anche in vita i biocarburanti, che al momento non sono stati ammessi come alternativa dal 2035 (come invece è successo agli e-fuel).
Italia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno espresso e messo per iscritto le loro riserve comuni su quello che dovrebbe essere il regolamento svelato dal commissario europeo Thierry Breton l’anno scorso.
Se approvato così com’è infatti il nuovo regolamento richiederà alle Case automobilistiche degli investimenti enormi sui motori termici, per ridurre le emissioni inquinanti, senza pensare che però a partire dal 2035 è previsto un vero e proprio stop alla vendita degli stessi, che renderebbe tutti gli sforzi di finanziamento praticamente inutili e persi. Per questo, occorre ragionare su quello che sarà il futuro, ed è ciò che chiedono i Paesi come l’Italia.
Secondo le otto capitali infatti la nuova proposta “non appare realistica e rischia di avere degli effetti negativi sugli investimenti nel settore già impegnato nella transizione verso l’elettrico”. Motivo per il quale sarebbe necessario prorogare almeno i target, in modo che i costruttori del settore automotive abbiano il tempo di adeguarsi.
In realtà andrebbe praticamente rivisto tutto il contesto legislativo comunitario, come anche “l’attuale sviluppo dei metodi di misurazione” delle emissioni nocive delle Nazioni Unite, facendo anche riferimento alle “proprietà dei veicoli elettrici”.
Al contrario di quello che è successo quindi per quanto riguarda lo stop alle vetture a diesel e benzina a partire dal 2035, oggi l’Italia fa parte di un fronte molto compatto e di un’importante alleanza contro l’Euro 7, almeno come pensato finora.
Il nostro Paese la vede come una battaglia per riuscire a “conciliare gli obiettivi della sostenibilità ambientale con la possibilità effettiva delle imprese e dei lavoratori di potersi adattare alle nuove esigenze”. Ma l’Europa continua a mirare alla transizione verso la mobilità a zero emissioni, anche se – come ha dichiarato Breton – “in democrazia”, al fine di evitare nuove situazioni complesse da risolvere.