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Nell’eldorado dei chip, brilla la ‘stella’ STM 

Mag 6, 2021

AGI  – “Sono addirittura inferiori” al coronavirus, così come si vede al microscopio con le particelle virali attaccate alle cellule e la loro tipica corona di glicoproteine, le dimensioni dei semiconduttori nelle tecnologie più avanzate: “Basta questo per capire quali raffinatissime tecnologie sono necessarie per costruirli”.

A parlare, in un’intervista all’AGI, è Marco Cassis, Presidente di Sales, Marketing, Communications and Strategy Development di STMicroelectronics e membro dell’Executive Committee. STM è un gruppo franco-italiano, fra i maggiori produttori di componenti elettronici a semiconduttore al mondo.

Il manager ci spiega come mai la carenza globale di microchip – i chip sono in pratica il motore che controlla i dispositivi elettronici – sta mettendo in crisi l’industria globale, in particolare quella automobilistica, che fatica ora a realizzare nuovi prodotti.  “Non parlerei di guerra dei chip – sottolinea Cassis – quanto piuttosto di una tempesta perfetta in cui si è ritrovata l’industria globale, in un momento storico eccezionale come questo, dove la domanda è di molto superiore all’offerta”.     

Di fronte alla pressante domanda di chip, i grandi gruppi si stanno organizzando ma il processo, appunto, non è facile. Per questo motivo, “la produzione di chip nelle tecnologie più complesse può richiedere anche sei mesi”, ci spiega Cassis. 

STM ha chiuso il primo trimestre con ricavi in forte crescita e che superano i 3 miliardi di dollari. Si tratta di un aumento del 35,2% rispetto ai 2,23 miliardi realizzati nello stesso periodo del 2020. E prevede per quest’anno centinaia di nuove assunzioni.

È questo l’effetto della crescita della domanda? “È un risultato non casuale ma in linea con le nostre scelte strategiche che ci hanno portato negli ultimi anni a crescere più del mercato che serviamo” spiega Cassis riconoscendo che “certamente i numeri mostrano che abbiamo saputo reagire di fronte ad un’accelerazione non prevista della richiesta soprattutto nella seconda parte del 2020, e in particolare nel quarto trimestre dello scorso anno”.

E infatti ad inizio dell’anno scorso si stimava una forchetta di ricavi per il 2020 compresa tra gli 8,8 e i 9,5 miliardi, ma “abbiamo chiuso l’anno a 10,2 mld”, ben oltre le previsioni più ottimistiche. Il manager ripercorre le tappe del 2020, dagli albori della pandemia: “Il 2020 doveva essere un anno di crescita per il nostro mercato rispetto al 2019. Invece nel I trimestre, scoppiano i casi di Covid in Cina e inizia il periodo del lockdown e quindi la domanda comincia a rallentare”.

In quel momento, la Cina che è considerata la “fabbrica del mondo” specialmente per la Personal Electronics, e la sua chiusura hanno un impatto notevole sull’industria globale. “Poi – prosegue – in Europa e quindi negli Usa iniziano i lockdown. Nel secondo trimestre, chiudono i negozi, si fermano gli impianti industriali e la domanda dei semiconduttori frena, ma il manifatturiero cinese comincia  a rialzare la testa, con un rimbalzo più forte del previsto. La Cina è infatti avanti nella scala temporale e registra in quel momento una crescita a V per l’industria. In Europa e negli Stati Uniti grazie al ‘work at home’, la richiesta di microchip resta sostenuta per la vendita di telefonini, tablet, consolle giochi”. 

Cosa succede? A partire da lì, “l’industria riesce a soddisfare la domanda della Personal Electronics, ma quando l’industria dell’auto e il settore “Industrial” cominciano a riprendersi, soprattutto nel quarto trimestre, la domanda diventa sbilanciata rispetto all’offerta di chip. Se nel terzo trimestre, la ripresa era supportata anche dagli inventari, ossia dalle scorte di magazzino, a fine anno il comparto dell’auto arriva con i magazzini vuoti e domanda di autovetture in crescita”.

E quindi tutti i gruppi di semiconduttori del mondo intensificano la loro produzione e gli investimenti per aumentare la capacità produttiva. E STM non fa eccezione: “Ad esempio – prosegue Cassis – noi nel 2020 abbiamo investito 1,2 miliardi di dollari per la produzione e per quest’anno  aumenteremo a 2 miliardi di dollari”.

“Ma si tratta di un processo che richiede assai tempo, tra i 9 mesi e un anno per avere la capacità installata; oltre alla capacità installata il problema dei semiconduttori è che essendo tecnologie molto sofisticate, la cui lavorazione è già prevista normalmente 7 giorni su 7, 24/24 i tempi di produzione non si possono comprimere ulteriormente. Per dispositivi molto complessi da quando viene effettuato l’ordine a quando lo si spedisce, possono passare anche sei mesi. Le leggi della fisica e della chimica non ci permettono di fare miracoli in questo senso”.

“In sé stessi – continua – i singoli dispositivi non sono cari ma la tecnologia è molto complessa. Stiamo cercando quindi di ottimizzare la produzione per minimizzare i problemi di produzione dei clienti dei nostri clienti”.

Soprattutto per quanto riguarda la produzione dell’auto, un boom di queste dimensioni era insperato. Cassis ricorda che alcuni analisti stimavano di tornare ad una produzione di auto ai livelli del 2019 solo a fine 2022 e invece già ora la richiesta di semiconduttori  per l’auto è oltre i livelli del 2019.

Ma un’impennata di queste dimensioni era prevedibile? Secondo il manager, si è verificato “uno sbilanciamento tra domanda ed offerta dovuto ad un allineamento diciamo di astri, tutti i segmenti Auto, Industrial, Personal Electronics sono in forte crescita. Hanno accelerato tutti e tre i fattori importanti che guidano la domanda: la richiesta di beni da parte dei consumatori, i livelli degli inventari (ossia delle scorte nei magazzini) che sono andati esauriti e la particolarità di alcuni prodotti innovativi che richiedono maggiori componenti di silicio rispetto a quelli tradizionali. Un esempio tra tutti, l’auto elettrica”.

Cassis ricorda le stesse previsioni della World Semiconductor Trade Statistics (WSTS), secondo cui la domanda dei semiconduttori nel 2023 per il mercato di riferimento per ST doveva essere pari a 213 miliardi di dollari. “Siamo invece già a 220 miliardi di dollari previsti per quest’anno” osserva Cassis. Cosa ci insegna allora l’esperienza della pandemia? “Che l’industria dei semiconduttori è da ritenersi strategica”, al punto che anche durante il lockdown, “rispettando  tutti gli standard di sicurezza, le nostre fabbriche sono rimaste aperte. I chip sono sempre più richiesti, e noi ci attrezziamo per aumentare la capacità di produzione. E i risultati del primo trimestre ci dicono che siamo sulla strada giusta”.

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