AGI – L’hanno cancellata stamattina, era ancora lì. I pallini della suola ben visibili, il sangue, la “traccia ematica” nel linguaggio scientifico. E’ arrivato un operaio del comune di Vigonovo con la tuta arancione sotto a un cielo bianco, si è chinato con una spazzola e ha strofinato sul cemento la candeggina. Sparita, come la macchia su un vestito.
Occupava due piastrelle l’impronta che potrebbe essere quella della scarpa da ginnastica di Filippo Turettta mescolata al sangue di Giulia Cecchettin. Un’impronta lunga come il piede di un ragazzo alto un metro e ottanta. Lei, così si capisce dalla lettura delle carte dell’indagine, era scesa dall’auto di lui sanguinante per le coltellate dopo la prima aggressione nel parcheggio a pochi metri da casa.
Lui l’ha inseguita per riprendersela ancora una volta, l’ultima volta, e avrebbe lasciato la sua firma sul sangue. La fuga di Giulia per essere libera, la voglia di Filippo di tenerla ancora accanto a sé, per poi, molti chilometri dopo, sempre secondo la ricostruzione dell’accusa, aggredirla di nuovo, buttarla a terra, farle perdere altro sangue fino a morire con troppo poco sangue ancora in corpo per resistere, “shock emorragico”, scrive la giudice.
E poi gettarla in un dirupo per farla scomparire alla vista di chi la cercava. Ma quell’impronta è rimasta lì per dieci giorni, ci sono passati accanto tante volte le maestre e i bambini dell’asilo che si affacciano sulla piazzetta.