Sua Eccellenza ministro degli Esteri Antonio Tajani e vice primo ministro, sua Eccellenza sindaco di Roma Roberto Gualtieri, gentili ambasciatori e amici che vi siete ritrovati all’inaugurazione del Giardino dei Giusti.
Sono orgoglioso di dire che le istituzioni del nostro paese e il Parlamento europeo hanno raccolto l’idea della Fondazione Gariwo di celebrare i giusti dell’umanità che in ogni contesto storico si assumono una responsabilità per salvare vite umane durante i genocidi, per difendere la dignità umana e la libertà nelle dittature, per porre un argine alle guerre e ai crimini contro l’umanità. Se il male estremo nella storia sono il genocidio e il totalitarismo, come sostenevano Raphael Lemkin e Hannah Arendt, i giusti sono coloro che si oppongono agli stermini e alla disumanizzazione della persona umana. Essi rappresentano la possibilità del bene contro il male. Essi sono l’antitesi all’indifferenza, di cui parla sempre la senatrice Liliana Segre. I giusti non sono una categoria astratta e neanche un’eccezione irraggiungibile. Essi con le loro azioni rappresentano sempre la possibilità di scelta di ogni essere umano che può diventare custode della vita e della libertà dell’altro uomo.
L’inaugurazione del Giardino dei Giusti della Farnesina è un fatto di grande rilevanza morale per la politica estera del nostro e per l’immagine dell’Italia nel mondo. Siamo il paese della bellezza e della creatività, ma anche il paese che promuove la bellezza della persona buona. E’ forse questo il prodotto migliore del nostro made in Italy. Le figure dei diplomatici giusti che ricordiamo oggi mostrano come la nostra diplomazia abbia scritto nel corso della sua storia alcune pagine di straordinaria umanità che meritano di essere ricordate come un esempio di quella che mi piace definire come la diplomazia del bene. La diplomazia del bene è quella che salva le vite delle persone perseguitate e che difende il valore della libertà. La mia famiglia è una delle poche che si salvò dalla Shoah a Salonicco quando ci fu l’occupazione nazista che portò allo sterminio di 48 mila ebrei, il 98 per cento della popolazione ebraica. Ebbene a Salonicco tre diplomatici che onoriamo oggi, Guelfo Zamboni, Lucillo Merci, Giuseppe Castruccio organizzarono il treno della salvezza che portò da Salonicco ad Atene sotto occupazione italiana trecento ebrei non solo di origine italiana. Il nostro consolato si prodigò per fare documenti falsi che così permisero la salvezza di molte vite.
E simili storie ci sono state durante il genocidio armeno, durante lo sterminio dei Tutsi in Ruanda, con la figura straordinaria del console Antonio Costa, e durante il colpo di stato di Pinochet, quando la nostra ambasciata protesse centinaia di perseguitati con i nostri diplomatici Tomaso de Vergottini ed Emilio Barbarani. E nei giorni nostri ci sono stati dei diplomatici italiani che hanno perso la vita nel corso delle loro missioni pericolose, come è accaduto in Congo il 22 febbraio del 2021, quando Luca Attanasio, il suo autista Mustapha Milambo e il carabiniere Vittorio Iacovacci sono morti in un attentato terrorista. Oggi ricordiamo nel giardino dei Giusti della Farnesina le prime nove figure, ma questo è solo un inizio perché vorremmo nel corso degli anni portare alla luce tante storie che non devono più rimanere solo negli archivi. E forse un giorno nel corso del nostro lavoro potremmo ricordare anche i diplomatici di altri paesi che sono stati capaci di difendere la dignità umana. Immaginiamo che il Giardino dei Giusti possa diventare sempre più universale e diventare un esempio per tutta l’Europa e il mondo intero.
Ma il Giardino dei Giusti della Farnesina non guarda solo al passato, ma ci richiama al difficile presente di questi giorni. E’ un giardino che scuote le coscienze e ci impone di non farci prendere da una pericolosa malattia dello spirito che rischia di paralizzarci e che potremmo definire come la rassegnazione. Per la prima volta dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e la caduta del Muro di Berlino ci troviamo di fronte a guerre vicine ai nostri confini e vediamo su di noi la minaccia di nuove autocrazie e dittature, dalla Russia, alla Cina, all’Iran, ai paesi teocratici e fondamentalisti. Ci accorgiamo che i valori democratici sono in pericolo e che i diritti delle donne e degli uomini sono violati in tanti paesi del mondo. Eppure, c’è il grave rischio che noi ci abituiamo senza reagire a tutto questo e pensiamo che per il nostro quieto vivere ci convenga voltare la testa dall’altra parte e persino issare bandiera bianca e accordarci con i nuovi demoni del nostro tempo. E’ questa una pericolosa illusione, perché come ci aveva ammonito Primo Levi, il male nel mondo non accade mai in un’isola, ma ci riguarda tutti e prima o poi ci può sommergere se siamo distratti. Ci ricordiamo tutti cosa ha portato il patto di Monaco nel 1938 che spianò la strada all’espansionismo di Hitler e allo sterminio degli ebrei in nome dell’illusione della pace con il Führer tedesco che alcuni ingenuamente ritennero di potere acquietare. La storia non si ripete, mai in modo uguale, ma sono troppi i segni del male nel nostro tempo.
Il Giardino dei Giusti della Farnesina ha dunque oggi questo significato: richiamare la politica, a tutti livelli, a non cadere nella rassegnazione e a considerare che la nostra fortuna di vivere in regimi democratici ci pone di fronte a un compito importante che dovrebbe unire tutte le forze dei differenti schieramenti politici.
Oggi dobbiamo tutti diventare custodi dei diritti negati nel mondo ed essere un punto di riferimento per chiunque lotti per la libertà, dalla Russia, all’Iran, alla Cina. E dobbiamo diventare un punto di riferimento per chi vuole pace e il diritto alla propria sovranità nazionale in medio oriente. Non possiamo più accettare la guerra permanente tra due popoli Dal 12 marzo 2024 chi entrerà alla Farnesina e visiterà il Giardino dei Giusti riceverà questo messaggio. Sarà un Giardino che, ricordando i diplomatici migliori, chiama tutti alla responsabilità in questi tempi difficili.
Gabriele Nissim è storico e scrittore, fondatore e presidente della Fondazione Gariwo