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‘Ndrangheta, catturato il latitante Facchineri

Mar 8, 2018

REGGIO CALABRIA – È finita la latitanza di Girolamo Facchineri, elemento di spicco dell’omonimo clan con un curriculum di precedenti di polizia per associazione di tipo mafioso, estorsione e truffa aggravata, ricercato dal 2016. All’epoca nei suoi confronti è stato emesso un decreto di fermo per associazione mafiosa, perché considerato il principale logista della latitanza dei boss Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, ma gli investigatori non sono mai riusciti ad eseguire quel provvedimento. Quando hanno bussato alla sua porta di Facchineri non c’era già alcuna traccia.

I carabinieri del gruppo di Gioia Tauro e dello squadrone eliportato Cacciatori di Calabria hanno scovato il latitante ieri in tarda mattinata in un casolare diroccato in contrada Longo di Cittanova, zona di campagna che inizia ad arrampicarsi sull’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria. Tetti di plastica e lamiera, pali di legno a tenerli insieme, un groviglio di tubi, buste e bottiglie ammonticchiate fuori alla rinfusa, il rifugio era stato costruito per sembrare una delle tante baracche abbandonate della zona. Ma agli investigatori non sono sfuggiti i tecnologici pannelli solari sul tetto che assicuravano a Facchineri corrente elettrica e alimentazione per il boiler dell’acqua calda. E ieri mattina è scattata l’operazione.

Quando il latitante è stato sorpreso nei pressi del casolare, non ha opposto resistenza e rassegnato si è lasciato ammanettare. A lui gli investigatori sono arrivati monitorando per lungo tempo parenti e affiliati ai Facchineri ritenuti a lui vicini. Nonostante tutte le cautele adottate, i carabinieri sono riusciti a ricostruire i loro spostamenti ed individuare la zona impervia in cui si nascondeva il latitante. All’interno della baracca che per lungo tempo sembra essere stata il suo rifugio, i militari hanno trovato rinvenuti una pistola scacciacani, visori notturni, binocoli e ricetrasmittenti, che permettevano all’uomo di comunicare con il clan senza utilizzare il cellulare, per evitare le intercettazioni. Una misura di cautela per lungo tempo seguita anche dai boss latitanti Crea e Ferraro, di cui proprio Facchineri si occupava. All’epoca, hanno scoperto gli investigatori, i due usavano le “antiche” frequenze radio VHF per comunicare con gli uomini del clan rimasto attivo sul territorio e organizzare appuntamenti con familiari e affiliati, coperti persino da nomi in codice. Tutti quanti sono stati arrestati nel corso dell’operazione a cui Facchineri è riuscito a sfuggire, ma la sua latitanza non è durata a lungo.

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Sempre ieri, a poco più di venti chilometri dal casolare in cui è stato scovato sulle opposte pendici dell’Aspromonte, nella Locride sono stati scoperti altri due bunker. Nei vicoli di Ciminà, i carabinieri hanno trovato un vero e proprio labirinto sotterraneo con almeno due bunker collegati fra di loro da un cunicolo. L’accesso al loro interno era stato abilmente occultato da un muro in pietra, dietro al quale era stato collocato un blocco di cemento armato che si apriva scorrendo verso l’interno su dei binari in ferro. Un altro rifugio è stato invece scoperto in città, a Locri. Nel corso di una perquisizione domiciliare, nella cucina a piano terra dell’abitazione di un 60enne, gli investigatori hanno rivenuto un altro bunker di circa di 1,80 metri di lunghezza, 1,80 metri di larghezza e 2,10 metri di altezza. Quasi un loculo, ricavato sotto il camino e perfettamente occultato, non destinato a lunghe permanenze, ma utile per nascondere qualcuno almeno per qualche ora. L’accesso all’anfratto era abilmente nascosto da un grosso blocco di cemento, che scorreva su binari in ferro grazie ad un meccanismo elettrico, facilmente attivabile premendo solo un interruttore. Una soluzione sofisticata, realizzata da uno specialista, che più volte – ipotizzano gli investigatori – potrebbe essere stata utilizzata.

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