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Napoli, 17enne figlia di magistrato in un video hot: imputato il suo ex

Gen 26, 2021

La tragica storia di Tiziana Cantone non ha insegnato nulla, o quasi. Così capita che una ragazzina, di appena diciassette anni, finisca vittima della vergognosa diffusione di immagini che riguardano la sua vita intima. E che queste scene, captate in una o più occasioni durante alcuni rapporti tra lei ed un ex fidanzato, rimbalzino da un liceo all’altro, da una chat all’altra fino a quando la giovanissima studentessa – grazie a una famiglia solida, e con i nervi saldi – non raccoglie tutti gli elementi e si precipita ad arginare i danni : denunciando fatti e circostanze. Insieme ai presunti responsabili, tra cui l’ex moroso.

È questa la storia appena approdata al Tribunale di Roma. Pur trattandosi infatti di una vicenda tutta napoletana, gli atti sono stati inviati per competenza negli uffici di piazzale Clodio perché la giovanissima ragazza – che chiameremo Lorenza, oggi ventenne, un nome di fantasia per proteggerla – è figlia di un magistrato napoletano. Che, al fianco della ragazza all’epoca minore, ha esercitato la potestà genitoriale come parte lesa, destinando quindi quel fascicolo a Roma. Così come avviene per tutti i procedimenti che riguardano le toghe di Napoli (articolo 11 del codice di procedura penale).


Gli indagati sono sei: la Procura capitolina ha chiesto per loro il rinvio a giudizio con l’accusa di produzione e diffusione di materiale pedopornografico, che avevano per bersaglio Lorenza, all’epoca minore. Anche gli altri protagonisti sono figli di professionisti, appartenenti a famiglie in vista. E le scuole di appartenenza dei ragazzi, in cui rimbalzavano questi velenosi gossip legati alla morbosa curiosità per il video, sono alcuni dei licei ed istituti tra Vomero e centro storico.


L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 5 maggio, dinanzi al gup Maddalena Cipriani, pm Polifemo. I giovanissimi sotto accusa potranno ora inviare le proprie memorie difensive. Ma, a valutare il materiale sequestrato dai pm romani nei rispettivi cellulari, appare verosimile che le loro posizioni possano essere chiarite all’esito del processo.


L’accusa: per D. S., che oggi ha 23 anni, è di aver realizzato e diffuso il materiale pedo-pornografico che riguardava la diciassettenne. Rischia una pena da 6 a 12 anni, e una multa che può arrivare a 240mila euro, articolo 600 ter del codice penale. Non solo: nel suo cellulare sono stati trovati ben 18 immagini e 25 video che ritraevano scene intime con la ex fidanzata, e poi un video a sé stante, protagonisti alcuni minori.

Gli altri cinque indagati, che oggi hanno tra i 20 e i 23 anni – F.C., F.V., M.O., L. G. e A. G. – sono ritenuti anelli della catena di trasmissione di quel video. Analoga contestazione: non hanno girato, ma hanno ricevuto quel video e lo hanno inviato più volte. La vicenda ha inizio a fine estate del 2018: quando la ragazza viene raggiunta da voci che la fanno trasecolare… “C’è un tuo video che gira, ti si vede con chiarezza”. Lei non ci crede, litiga con un’amica. Lorenza sa che lui ha girato dei video quando si fermavano a casa e i genitori di D. non c’erano, ma non può credere sia stato “così malvagio da diffondere immagini così intime”. (Anche l’imprudenza, sottolinea la polizia postale che indaga, continua ad esporre le donne, di ogni età). Le voci sembrano attenuarsi. Ma, a novembre, il tam-tam si fa violento: da una chat all’altra, anche tra diciassettenni di diversi licei che si incontrano per un torneo di calcetto, si parla di quel video. Lorenza allora vuota il sacco con i genitori, viene fuori che persino un conoscente del fratello ha ricevuto quel materiale. Scattano indagini, perquisizioni. A maggio, il giudice stabilirà se la pattuglia di ex amici andrà a processo.

Due anni di indagini. Lorenza ha dovuto interpellare, cercare, chiedere a chi e come era rimbalzato quel video. Un’inchiesta delicatissima.

Repubblica ha deciso di riassumerne i tratti principali solo all’esito delle acquisite ricostruzioni e dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Tutelando la privacy anche degli indagati: esposti a traumi da condotte gravissime, secondo l’accusa. E che avrebbero potuto avere conseguenze anche più gravi. Pensare che una donna ben più adulta, in tutt’altra storia immersa, come Tiziana, ha pagato con la vita, nel 2016, la scelta di farsi riprendere.

Almeno, stavolta, la giustizia sembra essere intervenuta in tempo.

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