• 27 Novembre 2024 8:32

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Multa salatissima per Uber, 290 milioni: trasferiva dati sensibili senza consenso

Ago 27, 2024

290 milioni di euro: è la multa comminata a Uber dalla DPA, l’autorità olandese per la protezione dei dati. Alla celebre compagnia viene imputato il trasferimento di info sensibili dei suoi autisti europei negli Stati Uniti, in violazione alla disciplina vigente nel Vecchio Continente. L’ingente sanzione, evidenzia Bloomberg, è la più alta elevata dall’istituto, un record (assai poco lusinghiero) anche nel caso di Uber, a livello globale. Il contenzioso promette di protrarsi a lungo, almeno a giudicare dalla netta presa di posizione assunta dalla parte accusata. Che già in passato ha avuto qualche problema con DPA, senza, però, mai raggiungere certe soglie.

La replica alle accuse

Nel caso specifico, l’organo di supervisione imputa alla multinazionale americana di essere stata poco corretta verso i suoi driver. Raccolte informazioni di vario tipo, ad esempio inerenti alle licenze taxi o alla posizione, così come di natura medica e penale, queste sarebbero state inviate al proprio quartier generale oltreoceano. Tutto ciò in assenza degli adeguati strumenti di protezione della privacy, al punto da renderli “insufficientemente protetti”.

In risposta all’accaduto, Uber ha subito risposto con toni perentori, che denotano stupore e disappunto. “Questa decisione è errata e la multa straordinaria del tutto ingiustificata, ha dichiarato il portavoce, Caspar Nixon, a Reuters. “Il processo di trasferimento transfrontaliero dei dati – ha aggiunto – è stato conforme al Gdpr durante un periodo di tre anni di immensa incertezza tra l’UE e gli Stati Uniti”. Di conseguenza, non ci si limiterà a pagare la multa, ma la squadra di avvocati difensori tenterà di dimostrare la liceità delle manovre adottate.

In un comunicato, il responsabile dell’autorità di regolamentazione, Aleid Wolfsen, ha scritto: “In Europa, il Gdpr protegge i diritti fondamentali delle persone, imponendo alle aziende e ai governi di trattare i dati personali con la dovuta attenzione. Ma purtroppo questo non è evidente al di fuori dell’Europa. Pensate ai governi che possono intercettare i dati su larga scala. Per questo motivo le aziende sono solitamente obbligate ad adottare misure aggiuntive se conservano i dati personali di cittadini europei al di fuori dell’Unione europea.

I precedenti con lo stesso ente

Il danno d’immagine rischia di essere ingente, mettendo in discussione la reputazione dell’azienda. Che in pochi anni è riuscita ad affermarsi in un settore competitivo, contro rivali attrezzate su scala internazionale. La disputa è sorta dopo che oltre 170 driver francese avevano interpellato un gruppo di difesa dei diritti umani. Le prove poste all’attenzione avevano, dunque, condotto gli inquirenti ad avviare la vera e propria indagine in Olanda, dove si trova il quartier generale europeo della compagnia.

Ovviamente, solo il tempo potrà dire se i fatti attribuiti abbiano o meno fondamento. Per Uber si tratta della terza multa elevatale dalla DPA. In precedenza, il gigante a stelle e strisce era stato punito a causa della poca trasparenza sul periodo di conservazione dei dati dei driver europei e sui Paesi extra-UE in cui venivano inoltrati. In una seconda occasione, aveva dovuto, invece, rispondere alla mancata segnalazione di una violazione dei dati entro le tempistiche opportune.

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