Incontrare motociclette di marchi cinesi sulle nostre strade, da un po’ di tempo non è più una novità e i modelli che vediamo assecondano i gusti del motociclista più esigente. Quello che può sembrare come un exploit o un’invasione commerciale da parte della potenza asiatica più discussa degli ultimi anni, è in realtà un momento attuale, ed è per ora il traguardo di un processo iniziato molto tempo fa, risalente agli albori dell’industria.
La storia della moto in Cina
Per comprendere meglio la storia della moto in Cina occorre tornare indietro nel tempo, a metà 1800, quando l’Impero Celeste commerciava con le nazioni occidentali esportando più di quello che importava nel proprio territorio e visse degli aspri conflitti come le due guerre dell’oppio contro la Gran Bretagna e le potenze alleate e dalle quali venne fuori sconfitta e con l’obbligo di concedere diritti ai vincitori. Questa fase si protrasse fino all’inizio del secolo scorso, quando le rivoluzioni industriali avevano già sconvolto l’occidente e in Europa spopolavano i primi veicoli a motore prodotti in serie.
La Cina è all’epoca ancora un paese molto chiuso dal punto di vista dell’industrializzazione, legato a tradizioni millenarie e si suppone che motociclette e altri veicoli a motore siano giunti in nel paese con i proprietari che le utilizzavano per poi venderle a qualche cinese abbiente prima del rientro in patria. Solo dopo la Rivoluzione Popolare capeggiata da Mao Zedong si ebbe un sostanziale cambiamento di rotta con l’espansione del comunismo e della sua teoria economica. La Repubblica Popolare, fondata nel 1949, vide la nascita delle prime fabbriche e possiamo dire che la motocicletta sia il veicolo che ha avviato l’industrializzazione della Cina.
Con un salto temporale di circa cinquant’anni, questo enorme paese si è avviato alla produzione di quanto era già stato pensato e progettato nel nostro libero mercato e le fonti confermano che la prima fabbrica motociclistica fu la Jinggagngshan che aprì le attività nel 1951 con la presentazione del primo modello ripreso direttamente dalla Zundapp K500 militare dell’esercito tedesco. In mancanza d’esperienza, i produttori cinesi dovevano trarre ispirazione da qualcosa di già realizzato e le guerre avevano fornito modelli come le BMW o le Harley Davidson americane, su cui i tecnici si erano formati.
Pechino aveva bisogno delle proprie moto e se n’era accorto bene Mao in un viaggio a Mosca dove visitando una fabbrica automobilistica aveva dichiarato di volerne una uguale in Cina. Nella Cina di Mao il processo che avrebbe dovuto generare quel “balzo in avanti” stava producendo effetti collaterali molto gravi che culminarono in una tremenda carestia che nel 1960 portò alla morte di almeno quattordici milioni di cittadini. La fabbrica voluta dal leader, faceva fatica ad emergere e la prima automobile progettata e collaudata non è mai entrata in produzione. Nel frattempo la motocicletta copiata dalla Zundapp K500 era l’unica disponibile anche per l’esercito e nel 1957 era stata affiancata dalla “Fiume Yangtze 750” costruita dalla Xiangjiang e Hongdu. Era un sidecar con motore a due cilindri boxer copiato dalla russa Ural M72 che a sua volta era copiata dalla tedesca BMW 750 militare della seconda guerra mondiale.
Le copie di quelli che erano ritenuti i modelli più adatti allo sviluppo della nazione cominciavano a crescere e già nel 1979 la Xingfu 250 che derivava dalla Jawa cecoslovacca e fino ad allora era stata relegata al servizio postale, fu proposta anche al pubblico, ottenendo un grande successo e il titolo di “motocicletta del popolo”. Ma anche la Cina aveva il suo imprenditore d’eccellenza, colui che avrebbe finalmente dato un volto alle moto di questo paese che cambiava pelle e passava da Mao al comunismo liberale di oggi. Zuo Zongshen fondò infatti nel 1992 la Zongshen portandola in pochi anni a competere con le concorrenti di settore, avviando il nuovo corso dell’industria motociclistica cinese che viviamo oggi.
Le moto cinesi oggi
Compiutosi quel passo chiamato appunto balzo in avanti che tanto la politica maoista aveva inseguito senza grossi risultati, eccoci ai giorni nostri con i marchi cinesi che acquisiscono le aziende occidentali come Benelli, ad esempio, e ne mantengono integro background storico che gli stessi cinesi non hanno mai avuto, ma sul quale contano per investire i propri capitali (enormi) e la produttività con cui possono ambire a numeri record in ambito industriale.
Qianjiang, fondata nel 1985 e conosciuta oggi come QJMotor è parte del gruppo Geely che detiene Volvo e il cinquanta percento di Smart e non si è mai limitata al rilancio di un marchio acquisito mantenendone vivo il prestigio, ma sfrutta la join venture per produrre le proprie moto per essere concorrenziale e realizzare il sogno di personaggi come Zao Zongshen e altri 1,412 miliardi di persone.