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Morto l’imprenditore Soffiantini, nel 1997 sequestrato per 237 giorni

Mar 12, 2018

BRESCIA – È morto l’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini. Aveva compiuto 83 anni lo scorso sei marzo. Soffiantini nel 1997 fu vittima di un sequestro e rimase nelle mani dei rapitori – che gli tagliarono un lembo dell’orecchio – per 237 giorni: dal 17 giugno, quando venne prelevato dalla sua abitazione di Manerbio, fino al 9 febbraio 1998 quando venne liberato ad Impruneta, in provincia di Firenze dopo il pagamento da parte della famiglia di un riscatto di cinque miliardi di vecchie lire.

“Abbiamo pagato il riscatto, ora, rapitori, dimostrate di essere corretti: liberatelo”, era un un passaggio dell’appello rivolto ai sequestratori dai tre figli dell’imprenditore, Paolo, Giordano e Carlo, poche ore prima della sua liberazione. Il 25 gennaio 1998, i rapitori avevano inviato a Enrico Mentana, allora direttore del Tg5, una lettera di Soffiantini con un lembo di orecchio. In seguito è emerso che durante il sequestro il generale dei carabinieri Francesco Delfino – poi arrestato – fece un’estorsione nei confronti del figlio del sequestrato, Gerardo Soffiantini, al quale aveva chiesto un miliardo per intrecedere coi rapitori e accelerare la liberazione del padre. Per questo il generale fu condananto a tre anni.

Delfino era un nome molto noto tra i carabinieri: fu lui a gestire in PIemonte l’arresto di Balduccio Di Maggio, l’ex autista di Totò Riina che consenti poi ai militari del Ros di arrestare il boss dei boss. Delfino, dopo aver indagato sulle bierre, fu arruolato nell’ex Sismi per poi tornare nei ranghi dei carabinieri e giungere a un passo dalla nomina a comandate generale dell’Arma. Suo padre fu il leggendario maresciallo Massaru Peppe

che sequestrò in Aspromonte il primo codice segreto della ‘ndangheta.

Nel corso del sequestro, il 17 ottobre 1997, fu ucciso a Riofreddo, durante un blitz fallito per tentare di liberare Soffiantini, il poliziotto Samuele Donatoni, ispettore del Nocs. Donatoni è stato poi premiato con la medaglia d’oro al valor civile. Donatoni, su decisione della procura bresciana, si era sostituito a un emissario dei Soffiantini incaricato di consegnare il riscatto.

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